La testimonianza di suor Saleh proveniente da Gaza è un grido di disperazione che denuncia la brutale realtà in cui si trovano i civili nella Striscia. Le parole della religiosa esprimono il suo sgomento e la sua incredulità di fronte alla crudeltà della guerra e alla mancanza di azione da parte della comunità internazionale.

Suor Nabila Saleh ringrazia Papa Francesco per il suo costante sostegno e per gli appelli alla fine del conflitto. La vicinanza del Pontefice ai cristiani di Gaza è stata una fonte di conforto per la religiosa e per tutti coloro che soffrono a causa del conflitto. Il Papa telefona ogni giorno al vicario parrocchiale padre Youssef Assad, offrendo rassicurazioni e preghiere.

La situazione nella parrocchia latina nel quartiere di Al Zeitoun sembra apparentemente calma, ma la religiosa sottolinea che la situazione nel nord della Striscia è ancora grave. I convogli umanitari che arrivano nella zona sono pochi e i prezzi degli alimenti sono così alti che la maggior parte della popolazione non può permettersi di acquistarli. La disperazione è tale che la gente mangia anche cibo per animali e foraggio.

La guerra ha colpito duramente la popolazione civile di Gaza. Suor Nabila denuncia che sono i più deboli a pagare il prezzo più alto: donne, bambini, malati, anziani, disabili e padri di famiglia. Nessuno è immune dalla devastazione causata dal conflitto. Case, familiari, lavoro, attività commerciali, tutto è stato perduto. Il futuro sembra un miraggio lontano.

La suora si chiede cosa potranno fare e chi potrà aiutare la popolazione di Gaza a ricostruire le loro vite distrutte. La fuga sembra l’unica soluzione per molti, ma le frontiere rimangono chiuse. I bambini esprimono il desiderio di tornare alla loro vita normale, ma al di fuori della parrocchia non c’è altro che macerie. La chiesa, diventata casa e cimitero, rappresenta l’unico rifugio per la comunità.

La testimonianza di suor Saleh ci spinge a riflettere sulla tragedia che si sta consumando a Gaza e sulla responsabilità della comunità internazionale nel porre fine a questa guerra. È necessario agire con urgenza per garantire il diritto alla vita e alla dignità di tutti i civili coinvolti nel conflitto. La storia di suor Nabila e della sua comunità ci ricorda che non possiamo rimanere in silenzio di fronte alla sofferenza umana.

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