Adrian Piper è una figura eccezionale nel mondo dell’arte contemporanea e della filosofia. La sua mostra “Race Traitor” al Pac di Milano è la prima retrospettiva degli ultimi 20 anni a lei dedicata in Europa. Questa mostra rappresenta un’opportunità unica per scoprire la storia di Piper attraverso le sue cento opere esposte.

Adrian Piper ha ottenuto il Leone d’oro alla Biennale d’arte di Venezia nel 2015, ma la sua carriera è iniziata molto prima. È stata la prima afroamericana ad ottenere una cattedra al dipartimento di Filosofia della Georgetown University, dimostrando fin da giovane una profonda intelligenza e capacità di affrontare temi complessi come razza e genere.

La mostra al Pac di Milano offre un’ampia panoramica della carriera di Piper, che si estende per oltre sessant’anni. Le opere esposte includono installazioni, video, fotografie, dipinti e disegni provenienti da importanti musei come il Guggenheim e il Moma di New York, la Tate Modern di Londra e il Museo di arte contemporanea di Chicago.

Uno dei primi lavori presentati nella mostra sono le “LSD paintings”, realizzate negli anni Sessanta. In queste opere, Piper esplora l’utilizzo dell’LSD come strumento per andare oltre la superficie delle cose. Già in questa fase si possono notare alcuni elementi chiave del suo lavoro, come l’autoritratto e l’uso di sé stessa come oggetto dell’arte.

La mostra include anche documenti delle performance di Piper, come “Some Reflected Surfaces” del 1975, in cui appare una versione transgender del suo alter ego maschile. Questa performance sfida il concetto di identità di genere e invita il pubblico a riflettere sulle proprie percezioni. Un’altra opera politica significativa è l’installazione “Art for the Art World Surface” del 1976, che denuncia il razzismo, il sessismo e la misoginia attraverso l’utilizzo di immagini di giornali che mostrano le atrocità della guerra e della società contemporanea.

Nelle sue opere più recenti, Piper continua ad affrontare temi sociali e politici in modo innovativo. Un esempio è l’installazione “Das-Ding-an-Sich bin ich” del 2018, realizzata a Berlino, dove l’artista risiede dal 2005. Il titolo, che significa “La cosa in sé sono io” è una citazione kantiana e riflette la capacità di Piper di trasmettere un messaggio politico sulla società e sull’essere umano attraverso l’arte concettuale e minimalista.

Un’altra serie significativa è “Race traitor” del 2018, in cui l’artista accosta il suo autoritratto con cliché su di sé. Questo lavoro mette in discussione gli stereotipi razziali e sfida il concetto stesso di identità.

La mostra “Race Traitor” al Pac di Milano offre una straordinaria opportunità per conoscere meglio la carriera di Adrian Piper e apprezzare il suo impegno nel porre domande importanti sulla società contemporanea. La sua capacità di affrontare temi come razza e genere in modo innovativo e provocatorio la rende una figura fondamentale nell’arte contemporanea. Non perdete l’occasione di visitare questa retrospettiva unica nel suo genere.

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