Scadenza imminente per la comunicazione al Fisco sul Superbonus
Il decreto sul Superbonus, che ha recentemente eliminato lo sconto in fattura e la cessione dei crediti edilizi, è ormai operativo. Tuttavia, per coloro che hanno commesso errori o non hanno comunicato all’Agenzia delle Entrate la scelta di optare per lo sconto in fattura e la cessione del credito per i lavori del 2023, il tempo sta per scadere. Se non si provvederà entro il 4 aprile, tra pochi giorni, sarà necessario pagare la fattura e poi scontarla dalle imposte della dichiarazione dei redditi in più anni.
La norma, complessa nella sua lettura a causa dei rimandi legislativi, è stata pubblicata nel testo finale sulla Gazzetta Ufficiale e presto verrà discussa in Parlamento, dove sicuramente si terrà un acceso dibattito politico. Questa nuova complicazione si aggiunge al fatto che il blocco alla cessione dei crediti varrà anche per coloro che hanno inviato la Comunicazione di inizio lavori (Cila) entro il 16 febbraio 2023, ma che non hanno ancora effettuato pagamenti.
La corsa per regolarizzare la mancata o errata comunicazione è imposta dall’articolo 3 del decreto. La scadenza per la cosiddetta ‘remissione in bonis’, che permette di effettuare o correggere le comunicazioni di cessione del credito pagando una sanzione di 250 euro fino al 15 ottobre prossimo, è stata fissata al 4 aprile. Non aderire a questa scadenza comporterà l’impossibilità di cedere il credito e il ritorno al regime della detrazione sulla dichiarazione dei redditi. Tuttavia, lo sconto sulla dichiarazione rischia di non poter essere utilizzato da coloro che hanno redditi bassi e non hanno imposte da scontare. In ogni caso, i tempi saranno molto stretti: sebbene ci siano stati dei rinvii in passato per consentire la remissione in bonis, l’arrivo del decreto così vicino alle festività pasquali permetterà solo pochi giorni per mettersi in regola.
Il testo finale conferma che lo stop allo sconto in fattura e alla cessione del credito non si applicherà agli immobili danneggiati dai terremoti di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria avvenuti il 6 aprile 2009 e a partire dal 24 agosto 2016. Tuttavia, c’è una limitazione: la deroga avrà un limite di 400 milioni di euro per l’anno 2024, di cui 70 milioni saranno destinati agli eventi sismici del 6 aprile 2009. Non è escluso che possano arrivare ulteriori novità: il commissario alla ricostruzione post-sisma, Guido Castelli, ha scritto una lettera ai sindaci del cratere sismico spiegando che sta lavorando per sostituire il 110% con un aumento del contributo parametrico. Ha inoltre dichiarato che la somma di 330 milioni di euro indicata al Ministero dell’Economia e delle Finanze per il periodo aprile-dicembre 2024 sarà sufficiente per le necessità di ricostruzione.
Il cuore del decreto è il blocco della cessione dei benefici fiscali dei bonus per una serie di situazioni finora salvaguardate, come il Terzo settore, l’Istituto autonomo case popolari (Iacp) e le cooperative di abitazione a proprietà indivisa. Tuttavia, potrebbe avere un effetto retroattivo anche su coloro che, rispettando i decreti passati, avevano presentato la comunicazione di inizio lavori entro il 16 febbraio 2023. Infatti, il governo ha deciso di bloccare gli sconti in fattura e le cessioni per le Cila ‘dormienti’, ovvero per quelle per cui “non è stata sostenuta” alcuna spesa documentata da fattura per lavori già effettuati entro il 30 marzo, data di entrata in vigore del decreto. Questa scelta è stata necessaria per tutelare i conti pubblici, poiché l’attivazione di questi bonus ancora “in sonno” avrebbe potuto avere impatti negativi sul deficit di quest’anno, che al momento il governo non può calcolare.
È ovvio che questa decisione creerà difficoltà per coloro che hanno avviato i lavori ma non hanno ancora effettuato alcun pagamento. Questa pratica è più diffusa di quanto si pensi, poiché in molti casi i lavori sono stati finanziati proprio utilizzando la “moneta fiscale” garantita dagli sconti del Superbonus. Si parla già di “esodati” per coloro che si troveranno in questa situazione, e è evidente che il decreto, una volta arrivato in Parlamento, sarà al centro di un confronto tra governo e forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione, alla ricerca di risorse per venire incontro a coloro che rimarranno intrappolati dalle nuove norme.