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Mese: Marzo 2024
AGI – Un arco, una piccola serpentina, qualche scalino in alto, per scoprire la via dell’Anima. È la porta d’accesso al piccolo e arroccato borgo di Forenza, prezioso gioiello del Potentino, dove l’arte del cucito di Antonia Murgolo, rappresentante pugliese della Corporazione delle Arti, l’ha fatta da padrona. Tra telai e punti di ricamo antichi, memorie d’un passato che si perde ogni giorno di più, e imperiosa una preziosa scoperta: uno stendardo del Seicento, della chiesa del Santissimo Sacramento di Modugno, nel Barese, ricamato con tecnica giapponese.
“Nessuno poteva immaginare che in Puglia, in quel tempo, conoscessero quella raffinata arte – spiega Murgolo all’Agi -. Ora, per studiarla, impararla, bisogna andare in Inghilterra e noi non possiamo assolutamente perdere questo patrimonio: è mia volontà poter insegnare ai più giovani tutto ciò che ho imparato”. Cinquantasettenne di Bitonto, città alle porte del capoluogo pugliese, Antonia si è diplomata in un istituto tecnico e poi, soltanto dieci anni fa, ha cominciato a studiare da autodidatta le tecniche perdute di ricamo e cucito.
“Sono stata sempre appassionata dell’arte del ricamo e dell’uncinetto, da bambina, da quando vedevo scorrere il filo tra le mani di mia nonna – ci racconta -. Ora per me è diventato un lavoro e nutro il sogno di non far morire questo sapere: vorrei recuperare manufatti che stanno andando perduti, assieme a tecniche, tessuti e sete preziose che si ritrovano soprattutto in paramenti sacri e abiti reali”.
Al lavoro nel suo piccolo laboratorio di Modugno, ci sono anche Mariella Desario, Carmela Veneto e Orsola Murgolo: “Ridiamo valore a un vecchio lavoro, ma soprattutto dignità alle donne – dice soddisfatta Antonia -. Non dobbiamo immaginare il cucito come un’arte per donne dietro la finestra, nei palazzi nobili, ma un’arte che prevede fatica, come montare un telaio, che può causare dolore, e per questo indossiamo ditali, ma ridà fiducia e indipendenza a chi lo pratica. Immaginate se ricominciassero i giovanissimi a farlo? Sarebbe meraviglioso”.
A febbraio 2024, le creazioni di Antonia, Mariella, Carmela e Orsola voleranno alla volta di Torino: “Porteremo abiti, camicie, giacche, create con il tombolo, filet modano, ma anche gioielli in chiacchierino, considerato un pizzo risalente all’epoca Vittoriana, impreziositi da filati pregiati e pietre”. E conclude speranzosa: “L’arte del cucito deve oltrepassare i confini e tornare viva. L’arte non deve morire”.
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AGI – Almeno 8.565 persone sono morte lungo le rotte migratorie in tutto il mondo nel 2023: è l’anno con il maggior numero di morti mai registrato dal progetto Missing Migrants dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim). La rotta del Mediterraneo è la più letale: 3.129 morti. Il bilancio delle vittime del 2023, spiega l’Oim, è in aumento del 20% rispetto al 2022. “A dieci anni dall’inizio del Progetto Missing Migrants, ci prendiamo un momento per ricordare tutte le vite che sono state perse. Ognuna di queste rappresenta una terribile tragedia che continua a influenzare le famiglie e le comunità per anni a venire”, ha dichiarato Ugochi Daniels, Vice Direttrice Generale dell’Oim. Il totale delle morti registrate lo scorso anno supera i numeri del 2016, quando persero la vita 8.084 persone, un dato che rimane il più elevato fino al 2023.
Se le vie di migrazione regolari e sicure rimangono limitate, centinaia di migliaia di persone tentano ogni anno di migrare in modo irregolare e pericoloso: più della metà delle morti è stata causata da annegamenti, il 9 percento da incidenti stradali e il 7 percento da violenza. A livello regionale, sono stati registrati numeri senza precedenti di morti di migranti in Africa (1.866) e in Asia (2.138). In Africa, la maggior parte di queste morti si è verificata nel deserto del Sahara e sulla rotta marittima verso le Isole Canarie. In Asia, sono stati segnalati centinaia di rifugiati afghani e rohingya morti mentre fuggivano dai loro paesi di origine.
In dieci anni il Progetto Missing Migrants ha documentato più di 63.000 morti in tutto il mondo, ma si stima che il numero reale sia molto più alto a causa delle difficoltà nella raccolta dei dati, specialmente in luoghi remoti come il Parco Nazionale del Darie’n in Panama e lungo le rotte marittime: qui avvengono “naufragi invisibili” in cui le barche scompaiono senza lasciare traccia.
Fondato nel 2014 a seguito di due naufragi devastanti al largo della costa di Lampedusa, il Progetto Missing Migrants è riconosciuto come l’unico indicatore che misura il livello di ‘sicurezza’ della migrazione negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e nel Global Compact per una Migrazione Sicura, Ordinata e Regolare.
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