Mese: Marzo 2024

AGI – Augustarello sui libri di storia non c’è finito come Buffalo Bill, ma una soddisfazione se la tolse l’8 marzo 1890 quando dimostrò che i butteri dell’agro laziale erano di caratura pari se non superiore ai cowboys che avevano colonizzato il Far West. Augusto Imperiali (1865-1954) prestava servizio per il duca di Sermoneta, Onorato Caetani, il quale aveva raccolto il guanto di sfida lanciato da William Frederick Cody (1846-1917), protagonista dell’epopea della corsa a Ovest della nazione americana che raccontava in giro per il mondo dal 1883 con un gigantesco spettacolo itinerante, il Wild West Show,  approdato a Roma nell’attuale piazza Mazzini, all’epoca non urbanizzata tant’è che vi si tenevano le manovre militari.

 

Buffalo Bill era solito sfidare gli allevatori locali a gareggiare con i suoi cowboys e a batterli, ma era tanta la fama accumulata e tanta la perizia dimostrata nello spettacolo che nessuno accettava. Era però accaduto che durante un pranzo a Palazzo Caetani di via delle Botteghe Oscure la duchessa di Sermoneta avesse detto all’ospite americano di non essere rimasta molto impressionata dall’esibizione perché aveva visto fare le stesse cose dai suoi butteri di Cisterna di Roma con i puledri dell’Agro pontino. E così si stabilì quella singolare disfida, per la quale Buffalo Bill mise in palio mille lire, programmata dopo l’incontro col papa Leone XIII fissato per il 3 marzo.

 

Bagno di folla e incassi record

Le date prescelte furono il 5 e il 7 marzo (poi slittato all’8), e naturalmente per il circo arrivato dagli Stati Uniti ci sarebbero stati incassi stratosferici. Il Messaggero rilanciò sulle sue colonne quel singolare confronto e contribuì a catalizzare una gigantesca folla pagante per biglietti che costavano da 1 a 5 lire: nella prima sfida nel primo pomeriggio del 5 gli incassi superarono le 25.000 lire, nonostante la forte pioggia, e altrettanto avverrà l’8. Il duca Caetani mise a disposizione sette stalloni della sua tenuta di Cisterna che erano stati rifiutati da potenziali acquirenti per il carattere nevrino. Su come andarono le cose le versioni divergono: stando al Messaggero ai cowboys occorsero 7 minuti per atterrare gli stalloni e 16 per sellarli e cavalcarli nel giro d’onore; secondo altri i tempi sarebbero stati più lunghi; il New York Herald riportò che per la doma erano bastati appena cinque minuti. Sempre il Messaggero titolò «La vittoria degli Americani» e ne scrisse come «clamorosa, sublimemente bella».

 

I butteri, e pure gli spettatori, furono turbati dai metodi violenti adoperati sui sauri. Qualcuno disse che tutti erano buoni a domare in quel modo, in gruppo e provocando ai cavalli dolore e ferite. Il secondo round sarebbe stato con i cavalli selvaggi del West, i broncos tanto apprezzati nei rodei per il carattere e la propensione a sgroppare. La somma messa in palio da Buffalo Bill era l’equivalente della paga di un anno dei butteri, e il premio ingolosì molti di loro.

 

Un giro trionfale troppo lungo

L’8 marzo, pioveva a dirotto ma stando alle cronache c’erano non meno di ventimila persone ad assistere all’arena di Prati. Si presentarono dieci butteri, tutti laziali (e non toscani come si favoleggerà in seguito), tutti determinati, 4 a cavallo e 6 a piedi: Domenico Bucci, Francesco Costanzi, Cesare Fabbri, Achille Fasciani, Alfonso Ferrazza, Augusto Imperiali, Achille Laurenti, Angelo Petecchi, Bernardino Quinti e Filippo Valentini. Valentini bloccò il primo stallone americano, che venne sellato e poi montato da Ferrazza. Anche il secondo fu preso al laccio e sellato, Imperiali  gli salì in groppa e fece un giro trionfale guidandolo con una sola mano, tra applausi e ovazioni. Per il terzo cavallo non ci fu tempo perché Buffalo Bill, entrato sull’arena sul suo sauro bianco, interruppe l’esibizione sostenendo che il tempo limite prefissato (5 minuti a cavallo, quindi dieci minuti per i due) era stato superato di 30” a causa del giro di campo.

 

Naturalmente non pagò quanto promesso. Si racconta che al ricevimento serale comunque tenuto dal duca abbia ammesso la sconfitta, senza dare comunque seguito al corrispettivo. Augustarello rimaneva con le tasche vuote ma si godeva il momento di gloria, immortalato pure in posa fotografica. Il Messaggero, il 9 marzo, rovesciò il titolo di qualche giorno prima con «Vittoria dei butteri romani». Cody, da subito, venne ribattezzato dai romani “er cappellaccio”. Si disse che le mille lire che Buffalo Bill non volle pagare gli vennero sfilate comunque e con gli interessi: approfittando della poca dimestichezza degli americani con la valuta italiana, alla cassa vennero rifilate alcune banconote false di alto taglio.

AGI – 
La Biblioteca Nazionale di Napoli ha acquisito una preziosa lettera autografa di Giacomo Leopardi, datata 22 dicembre 1824 e indirizzata al cugino Giuseppe Melchiorri. Si tratta di una missiva di valore storico e letterario, che arricchisce ulteriormente il già ricco fondo leopardiano conservato nella Biblioteca e va ad aggiungersi alla precedente acquisizione di una missiva autografa del poeta indirizzata sempre al cugino, datata 29 agosto 1823. 
L’acquisizione è avvenuta grazie alla segnalazione della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Lazio e all’esercizio del diritto di prelazione da parte del Ministero della Cultura e per un importo di 8500 euro.

 

“L’acquisizione da parte della Biblioteca Nazionale di Napoli di una lettera autografa di Giacomo Leopardi è una notizia di grande rilievo per il mondo della cultura italiana. Si tratta di un documento di grande valore che arricchisce ulteriormente il già ricchissimo patrimonio della Biblioteca e ci permette di conoscere meglio la vita e il pensiero di uno dei più grandi poeti della nostra storia”, ha affermato il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.

 

La lettera del 22 dicembre 1824, di carattere prevalentemente privato, offre nuovi spunti di studio sulla vita e l’opera del poeta. In essa, Leopardi parla della nascita di un componimento mai dato alle stampe, “una edizioncina elegante – come si legge nel testo – dei Caratteri di Teofrasto tradotti dal greco in puro e buono italiano”, testimonianza concreta dell’interesse filologico di Leopardi per la realizzazione di una edizione del testo greco che consentisse la più corretta traduzione di un libro poco conosciuto e del quale esisteva una più imprecisa traduzione fatta “dal Costantini”.

 

 

 

 

I due cugini intrattennero nel tempo una fitta corrispondenza, caratterizzata da un profondo affetto e da un comune interesse per la cultura, grazie alla assidua frequentazione sviluppata durante i soggiorni romani di Leopardi. Simile nella scrittura delle consonanti e delle vocali sia per il carattere maiuscolo e per il minuscolo, sia per contenuti e i sentimenti di stima reciproca espressi nel testo, sembra che le due missive possano avere una continuità tra di loro.

 

La Biblioteca Nazionale di Napoli, terza tra le più importanti biblioteche d’Italia dopo Roma e Firenze, conserva un patrimonio librario di quasi due milioni di volumi, circa 20.000 manoscritti, più di 8.000 periodici, 4.500 incunaboli e 1.800 papiri ercolanensi. Edizioni rare e preziose, alle quali si aggiunge l’acquisizione di questa nuova lettera autografa di Giacomo Leopardi. La Biblioteca Nazionale di Napoli, infatti, è la sede del più importante fondo leopardiano, che comprende oltre alle lettere anche autografi, opere a stampa e altri documenti relativi al poeta.

 

AGI – Italia sempre più nel mirino dei cyber criminali: lo scorso anno nel nostro Paese è andato a segno l’11% degli attacchi gravi globali (era il 7,6% nel 2022), per un totale di 310 attacchi, dato che marca una crescita del 65% rispetto al 2022. Oltre la metà degli attacchi – il 56% – ha avuto conseguenze di gravità “critica” o “elevata”. È quanto emerge dall’anteprima del Rapporto 2024 del Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica.

 

Con uno sguardo agli ultimi cinque anni, emerge che oltre il 47% degli attacchi totali censiti in Italia dal 2019 si è verificato nel 2023. Con 2.779 incidenti gravi analizzati a livello globale da Clusit, l’anno passato restituisce “una fotografia nettamente peggiorativa rispetto ai dodici mesi precedenti, continuando a descrivere una curva degli attacchi in inesorabile crescita, che registra un +12% sul 2022″.

 

Mensilmente, è stata rilevata una media di 232 attacchi, con un picco massimo di 270 nel mese di aprile, che rappresenta anche il valore massimo misurato negli anni. Nell’81% dei casi la gravità degli attacchi è “elevata” o “critica”. Come sempre, nell’illustrare alla stampa i dati i ricercatori di Clusit hanno evidenziato che “si tratta di una fotografia che rappresenta le linee tendenziali del fenomeno e che tuttavia rappresenta soltanto la punta dell’iceberg, posto che molte vittime tendono ancora a mantenere riservate le informazioni sugli attacchi cyber subìti e che relativamente ad alcune zone del mondo la possibilità di accesso alle informazioni è molto limitata”.

 

Governo e Difesa i più colpiti

Nel 2023 il settore più attaccato dagli hacker in Italia è stato quello governativo/militare, con il 19% degli eventi, il 50% in più rispetto al 2022, seguito dal manifatturiero, con il 13%, il 17% in più rispetto ai dodici mesi precedenti. Clusit evidenza come ben un quarto del totale degli attacchi rivolti al manufacturing a livello globale riguardi le nostre realtà manifatturiere.

Colpito dal 12% degli attacchi il settore dei trasporti/logistica, con un incremento percentuale anno su anno sul totale degli attacchi del 620%; analogamente, il settore della finanza e delle assicurazioni, verso cui è stato perpetrato il 9% degli attacchi nel 2023, ha visto una variazione percentuale sul totale del +286% rispetto allo scorso anno. Le vittime appartenenti alla categoria degli “obiettivi multipli” sono nel nostro Paese l’11%, “segno di una maggior focalizzazione dei cyber criminali verso settori specifici negli ultimi mesi”.

 

A livello mondiale le principali vittime si confermano invece appartenere proprio alla categoria degli obiettivi multipli (19%), che subiscono “campagne di attacco non mirate ma dagli effetti consistenti”. Segue il settore della sanità (14%) che, come fanno notare i ricercatori Clusit, ha visto un incremento del 30% rispetto allo scorso anno. Gli incidenti in questo settore hanno visto anche un aumento della gravità dell’impatto, critico nel 40% dei casi (era il 20% nel 2022). Una parte consistente degli attacchi è stata rivolta al settore governativo e delle pubbliche amministrazioni (12%): a seguire il settore finanza e assicurazioni (11%).

 

Un attacco su 3 è DDos

In Italia per la prima volta da diversi anni la categoria di cyber attacco prevalente non è più il malware, bensì il DDoS, che rappresenta il 36% del totale degli eventi registrati nel 2023, un valore che supera di 28 punti percentuali il dato globale e che segna una variazione percentuale annua sul totale del 1486%. Lo segnala il Clusit nel suo Rapporto annuale, sottolineando come la forte crescita sia “probabilmente dovuta all’aumento di incidenti causati da campagne di hacktivism: molto spesso la tecnica di attacco utilizzata in questo caso è proprio il DDoS, poiché si punta a interrompere l’operatività di servizio dell’organizzazione o istituzione individuata come vittima”. La percentuale di incidenti basati su tecniche sconosciute è 17%, sostanzialmente in linea con il resto del mondo mentre leggermente superiore nel nostro Paese rispetto al resto del mondo è la quota degli attacchi di phishing e di ingegneria sociale, pari all’9%, in crescita dell’87% in valore assoluto, a dimostrazione dell’efficacia duratura di questa tecnica. Il malware rappresenta invece nel 2023 ancora la tecnica principale con cui viene sferrato il 36% degli attacchi globali, percentualmente in crescita sul totale del 10% rispetto al 2022. In questa categoria, che comprende diverse tipologie di codici malevoli, il ransomware è in assoluto quella principale e maggiormente utilizzata grazie anche all’elevata resa economica per gli aggressori, che spesso collaborano fra loro con uno schema di affiliazione.