Mese: Marzo 2024

AGI – Un folle inseguimento a Reggio Calabria si è concluso ieri sera con due volanti della polizia e due auto distrutte. Tutto questo per bloccare una Fiat Panda con due rom a bordo residenti ad Arghillà, quartiere della periferia nord del capoluogo. La piccola utilitaria, dopo essere sfuggita ad un posto di blocco nella zona centrale di Reggio, ha effettuato alcune manovre spericolate a forte velocità sulla Statale 18 in direzione nord, verso l’abitato di Catona, dove è stata bloccata. Nel corso dell’inseguimento, durato circa 10 chilometri, la Panda in fuga si è scontrata con un secondo automezzo della Polizia fermo ad un posto di controllo, incidente che ha costretto la “volante” inseguitrice ad una brusca manovra che l’ha portata ad impattare contro un altro veicolo in avvicinamento.

“Siamo profondamente turbati da quanto accaduto a Reggio Calabria ed è un miracolo che nessuno sia rimasto ucciso. Poteva essere una tragedia. Noi ne abbiamo persi tanti così”. Così Valter Mazzetti, Segretario generale Fsp Polizia di Stato che aggiunge: “Negli occhi abbiamo ancora i fotogrammi atroci degli schianti mortali che hanno spazzato via l’esistenza di troppi poliziotti, ultimi in ordine di tempo il collega Giovanni Vivenzio, sovrintendente capo dei Falchi travolto mentre era in moto a Napoli, e ancor prima il giovane amico Pasquale Apicella, deceduto proprio a causa di un incidente avvenuto mentre inseguiva un delinquente. Vogliamo esprimere il pieno sostegno ai colleghi per i rischi sempre più elevati che corrono in ogni servizio svolto. Allo stesso tempo vogliamo ricordare cosa davvero significhi svolgere questo lavoro”.

Ora ci aspettiamo che si reagisca con la giusta severità a quanto accaduto – aggiunge Pietro Gabriele, Segretario Fsp Reggio Calabria -, perchè chi ha sbagliato comprenda l’assoluta gravità di quanto commesso. E’ necessario difendere senza se e senza ma, con pene concrete, la sicurezza dei cittadini e degli operatori in divisa, ma anche la stessa cultura della legalità che in certe zone del paese sembra quasi non esistere. Le frazioni di Catona e Arghillà sono molto problematiche, doveva nascere un Commissariato laddove insiste un posto fisso con soli 3 uomini, tanto si è detto, è stato persino emanato il decreto istitutivo, ma ancora nulla di fatto. E’ lecito chiedersi allora se la sicurezza sia o meno una priorita'”.

AGI – “Comunque, questa è una giornata simbolica, perchè Francesco Schiavone è stato un capo carismatico. La sua scelta di pentirsi avrà riflessi anche sull’assetto della criminalità organizzata attuale nel Casertano e non solo. La sua figura ha un suo peso simbolico anche se gli scenari della camorra casalese sono profondamente cambiati e non sappiamo quanto la sua immagine nel contesto criminale abbia ancora valore”. Raffaello Magi, dal 2013 consigliere presso la Corte di Cassazione, nel 1998 era nel collegio giudicante della Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere, presieduto da Catello Marano, che è passato alla storia non solo giudiziaria con il nome dell’inchiesta che gli diede vita, Spartacus; ed è anche l’estensore delle oltre 3.500 pagine della sentenza che per la prima volta inchiodò e rese noti i vertici di quel clan dei Casalesi, Sandokan compreso, la cui potenza militare ed economica era conosciuta sino ad allora solo agli ‘addetti ai lavori’. “Il processo è iniziato l’11 luglio e io a maggio avevo interrogato a Rebibbia Schiavone, che era latitante dal 1995 e a maggio era stato da poco arrestato – ricorda il giudice Magi parlando con l’AGI – la sua linea di difesa era quella di contestare tutto quanto gli veniva scritto, di proclamarsi un agricoltore appassionato di bufale incastrato da pentiti manovrati da magistrati. Luciano Violante era allora presidente dell’ Antimafia e dopo la morte di don Diana aveva avuto parole dure per i Casalesi. Nella sentenza di primo grado di Spartacus, abbiamo comminato al boss il suo primo ergastolo, anche se era già stato condannato per altro a pene inferiori. Ed erano ben 12 gli omicidi che gli abbiamo attribuito in Spartacus, tra cui quello di Antonio Bardellino, per noi avvenuto a maggio del 1988, anche se il corpo non è stato mai trovato; un quadruplice omicidio di cutoliani; e altri nella faida interna con i De Falco, partita nel 1991 con l’uccisione di Vincenzo De Falco e terminata nel 1994″. 

 

Che può raccontare Schiavone ai magistrati? “Due aspetti sono importanti della sua collaborazione, se fosse verificata come vera – risponde Magi – il primo, la rete di relazioni del clan precedenti al suo arresto, quelle tra il 1993 e il 1998, anni in cui era a capo della cupola, rapporti che non vengono raccontati ai livelli inferiori con i mondi dell’impresa e delle istituzioni, una rete più riservata e tenuta nella conoscenza solo dei boss. In questo modo avremmo una memoria storica. L’altro aspetto è quello di una verifica sul regime di carcere duro. Ci consentirebbe cioè di capire se, nonostante il 41 bis, ha avuto contatti con persone all’esterno ed è riuscito o meno a orientare le strategie operative dei Casalesi. Una sorta di test del funzionamento del 41 bis. Inoltre, è possibile che rapporti economici da lui creati a suo tempo siano ancora esistenti. Sul piano della strategia militare e degli omicidi quasi tutti gli aspetti sono stati approfonditi dai processi”. “Sarebbe interessante capire – prosegue il magistrato – se ha dato o meno istruzioni a Giuseppe Setola (il superkiller, poi arrestato e processato, ndr.) per le stragi del 2008, a poca distanza dalla conclusione in Appello del processo Spartacus”, sottolinea. Resta anche per Magi la sorpresa di questo pentimento, che non si è registrato neanche quando il figlio e il cugino hanno deciso di collaborare: “E’ sempre stato un irriducibile, ha sempre cercato di screditare le figure pentiti. Non mi immaginavo la sua collaborazione. Le ragioni possono essere le più varie. Un aspetto potrebbe essere legato a preoccupazioni per figli ancora in libertà magari per scelte di percorsi simili al suo. Oppure la fatica del carcere insieme all’età avanzata e alla voglia di essere nella parte finale della sua esistenza più vicino ai suoi affetti, magari perchè la sua personalità è ormai fiaccata”. 

AGI – “Francesco Schiavone dopo 26 anni decide di collaborare con la giustizia. Prima di lui si e’ pentito il figlio Nicola e un altro capo clan, Antonio Iovine, attualmente nessuna delle due collaborazioni precedenti ha portato inchieste giudiziarie significative. Eppure entrambi erano in liberta’ fino al 2010. Sandokan ci potra’ raccontare di omicidi irrisolti e delle grandi coperture politiche, giudiziarie ed economiche, che ha avuto nel corso degli anni. Ma se immaginiamo una bilancia e da un lato mettiamo il sangue innocente sparso, i tanti bambini morti con il tumore a causa degli sversamenti illegali e quello che lui potra’ dire, la bilancia pende sicuramente dal primo lato. Sandokan collabora, va bene, ma deve dire la verita’! Troppi pentiti di comodo abbiamo visto e subìto nell’ultimo decennio; nel momento della cattura Michele Zagaria disse “Lo Stato vince sempre”, io aggiungerei, lo Stato spesse volte viene raggirato…”. Non va per il sottile Marilena Natale, autrice del libro “Io e Sandokan. Storia di una cronista di strada che ha sfidato la tigre” (Marlin Editore), che in pochi mesi e’ gia’ alla terza ristampa. Un potente racconto di coraggio e denuncia, scritto da una cronista di strada, costretta a vivere sotto scorta dal 2017, proprio per aver combattuto la famiglia Schiavone, attraverso le sue inchieste, ricostruendo nel libro, con uno spaccato inedito, le vicende dello spietato boss di Casal di Principe, Francesco Schiavone, della sua famiglia di camorristi e del suo lavoro di cronista nella “Terra dei Fuochi”; ma anche delle nuove leve criminali, che hanno imparato la “lezione”: meno si spara, piu’ gli affari vanno a gonfie vele, grazie anche a delle crepe nel sistema giudiziario. 

 

I proventi dei diritti d’autore del saggio saranno devoluti dalla scrittrice a favore dell’associazione “La Terra dei Cuori Onlus”, che si occupa di assistenza socio-sanitaria in campo oncologico infantile. Una narrazione che lascia, pero’, anche spazio alla speranza, per la lotta coraggiosa di chi si oppone alla camorra: testimoni come don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, che nel libro racconta dell’agghiacciante incontro con il collaboratore di giustizia Carmine Schiavone; Raffaele Gragnaniello, l’ispettore capo che coordino’ il clamoroso arresto del re dei boss Francesco Schiavone, che rivela la caparbia di quegli incredibili mesi di indagini; Federico Cafiero De Raho, fino al 2022 Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, che firma l’introduzione. E con loro tanti altri “partigiani del bene”, nati dal seme del sangue di don Peppe Diana. Cio’ che rende assolutamente unico il lavoro della Natale, e’ che non si limita a scrivere sulla carta stampata o sul suo seguitissimo blog. La reporter, punto di riferimento stabile per i casalesi perbene, con le sue dirette social, seguite da centinaia di migliaia di follower, negli anni e’ diventata un pungolo potente contro i criminali; ai quali si rivolge personalmente, dando dettagli sui loro spostamenti, compagnie, malaffari. Una modalita’ sicuramente rischiosa la sua, ma che ha spronato tanti cittadini a trasformarla in una sorta di “ufficio denunce” (proprio come titola uno dei capitoli del suo saggio) e grazie ai suoi articoli, molti boss vengono anche arrestati. La chiamano “Mamma Natale” quando aiuta a trovare una casa piu’ grande ai suoi ragazzi (sono piu’ di 90), in modo da fare vivere i piccoli pazienti oncologici, circondati dal calore dei fratelli e i genitori in un appartamento piu’ grande, per evitare il contagio. Ed e’ proprio “Natale” anche quando trova, attraverso un’attivita’ solidale capillare che dura tutto l’anno, il regalo da mettere sotto l’albero “perche’ potrebbe essere l’ultimo” Oppure quando porta i suoi ragazzi ad operarsi in costosi ospedali all’estero con la sua associazione “Terra dei cuori”, fondata nel 2015, per aiutare e proteggere i bambini, vittime della “Terra dei fuochi”. Attraverso la onlus organizza anche “viaggi della speranza”, in montagna e al mare, per i piccoli guerrieri e le relative famiglie.