Una scoperta italiana ha portato alla luce il recettore responsabile dell’ingresso nelle cellule del virus della Febbre Crimea-Congo, una malattia infettiva letale che colpisce fino al 40% dei casi e che rappresenta una minaccia pandemica, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Lo studio è stato pubblicato su Nature ed è stato condotto da Cristiano Salata, professore di Microbiologia e Virologia all’Università di Padova.
Il ricercatore ha sottolineato l’importanza di questa scoperta, affermando che potrebbe cambiare le strategie di contrasto di questa febbre emorragica. Conoscere il modo in cui il virus interagisce con le proteine delle cellule potrebbe permettere di disattivare il meccanismo di infezione. Salata ha spiegato che ora si conosce la “serratura” e la “chiave” che il virus utilizza per entrare nelle cellule. Questa scoperta è il risultato di una collaborazione internazionale, in cui i ricercatori italiani hanno contribuito all’identificazione del recettore, dimostrando che funziona sia con i virus di laboratorio che con quelli isolati dai pazienti e dalle zecche.
La Febbre Crimea-Congo è la seconda febbre emorragica trasmessa da vettore più diffusa dopo la dengue. Viene trasmessa dalle zecche del genere Hyalomma, che infestano sia mammiferi e uccelli selvatici che capi di bestiame. In Europa sono stati registrati casi di contagio in Spagna e nei Balcani, ma la Turchia è uno dei principali epicentri della malattia.
Salata ha sottolineato che in Italia non sono stati ancora registrati casi di contagio sull’uomo, ma il paese è considerato ad alto rischio di introduzione della malattia. Nonostante non siano state trovate zecche infettate, sono stati individuati bovini con anticorpi contro il virus in Basilicata, suggerendo una circolazione del virus tra gli animali. Questo ha spinto gli enti appartenenti al progetto Inf-Act a unire le forze per una ricerca più approfondita del virus sul territorio italiano.
Il monitoraggio in Basilicata viene condotto dal gruppo di Salata dell’Università di Padova e da quello di Domenico Otranto, esperto di malattie parassitarie degli animali all’Università di Bari. Inoltre, con il supporto degli Istituti zooprofilattici, l’attività di monitoraggio è stata estesa anche al Nord-Est.
Questa scoperta rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro la Febbre Crimea-Congo e potrebbe permettere lo sviluppo di nuove strategie di prevenzione e controllo della malattia. La ricerca italiana dimostra ancora una volta l’eccellenza scientifica del nostro paese e il suo impegno nel contrastare le malattie infettive emergenti.