La rivoluzione nell’editoria scientifica anglosassone: un panorama preoccupante
L’editoria scientifica anglosassone, un tempo simbolo di rigore e integrità, sembra essere in declino. In un recente libro intitolato “Sul pubblicare in medicina”, l’autore Luca De Fiore rivela un panorama preoccupante, in cui il profitto e il successo personale hanno preso il sopravvento sulla qualità e l’etica scientifica.
De Fiore, fondatore della Pensiero Scientifico Editore, offre una dettagliata analisi del settore, mettendo in luce le pressioni lobbistiche, la mancanza di rigore e la presenza di manager senza scrupoli che hanno soppiantato esperti ed editori responsabili. Secondo De Fiore, la cultura anglosassone, una volta rinomata per la sua scrupolosità, è stata spazzata via e sostituita dai valori del denaro e delle pubblicazioni.
Uno dei principali fattori che influenzano l’editoria scientifica è il denaro. Oggi, l’editoria scientifica genera un fatturato di 30 miliardi di dollari, con duemila editori e tecnici, di cui il 60% è costituito da editori commerciali a scopo di lucro. Solo il 10% è rappresentato dalle university press anglosassoni, che mirano a un guadagno minimo. Questo cambiamento ha portato a una maggiore enfasi sul profitto e meno attenzione alla qualità delle pubblicazioni.
Un altro aspetto preoccupante è la quantità eccessiva di pubblicazioni nel settore. Attualmente, ci sono 36.000 periodici scientifici, di cui 13.000 non più attivi ma con contenuti accessibili. Nel solo anno 2022 sono stati pubblicati 5,14 milioni di articoli, un vero e proprio “infodemia” secondo il direttore generale dell’OMS, Tedros Ghebreyesus. Nel novembre 2020, è stato pubblicato un articolo sul Covid-19 ogni tre minuti. Questo eccesso di pubblicazioni è dovuto alla necessità dei professionisti di alimentare i propri curricula per avanzare nella carriera.
Ma non è solo la quantità a preoccupare, bensì anche la qualità delle pubblicazioni. Le case editrici e le riviste accademiche sembrano non essere più al servizio dei lettori, ma piuttosto dei professionisti che scrivono gli articoli. Si pratica il “salami slicing”, ovvero la frammentazione delle ricerche per pubblicare più articoli sullo stesso tema. Inoltre, le riviste minori e spregiudicate offrono la possibilità di pubblicare a pagamento, con tariffe che possono variare da 150 a 9.900 dollari. Questo ha portato a una proliferazione di pubblicazioni di scarsa qualità e all’uso improprio dei dati disponibili online.
Un altro problema rilevato da De Fiore riguarda la revisione tra pari e il fattore di impatto delle riviste scientifiche. Secondo l’autore, le regole della peer review devono essere riviste, dato che il 70% dei ricercatori europei afferma di essere stato coinvolto in progetti con autori che non avevano contribuito in modo sufficiente al lavoro. Inoltre, esistono fenomeni come i “paper mill”, ovvero articoli fabbricati, e le “predatory journal”, riviste predatorie che accettano qualsiasi articolo pagato senza una corretta revisione.
Infine, l’intelligenza artificiale rappresenta un’ulteriore sfida per l’editoria scientifica. Sebbene possa sembrare un’opportunità per migliorare la qualità e l’efficienza delle pubblicazioni, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale presenta ancora molti interrogativi e incertezze.
In conclusione, l’editoria scientifica anglosassone sta attraversando un periodo di profondo cambiamento, caratterizzato da pressioni economiche e mancanza di rigore scientifico. Per ristabilire l’integrità del settore, è necessario rivedere le regole della peer review, il processo di pubblicazione e l’uso dell’intelligenza artificiale. Solo così sarà possibile garantire una pubblicazione scientifica di qualità, basata su dati accurati e metodi rigorosi.