Le detenute del carcere di Rebibbia hanno deciso di condividere le proprie storie nel libro “Salvate dai pesci”, curato da Mauro Corso. Questo libro è un dono prezioso, che ci permette di ascoltare le confidenze di donne che vivono la loro libertà limitata dietro le sbarre.

“Salvate dai pesci” è il risultato di un laboratorio organizzato dall’Associazione Ri-Scatti, che ha coinvolto molte detenute della sezione femminile del carcere di Rebibbia. Leggendo il libro, i loro nomi diventano familiari e le loro esperienze, i loro timori, le loro speranze e i loro sogni diventano tangibili perché la vita in carcere è lenta e le ore sembrano non finire mai. Ma le donne raccontano anche dei propri errori e delle colpe che si attribuiscono. Si torna così indietro nel tempo e le detenute si scusano con i propri genitori come se fossero bambine. E poi si rivolgono ai figli, con cui sono legate in modo indissolubile. Alcune di loro sanno che non rivedranno mai più i propri figli e augurano loro di crescere nella giustizia, di essere amati, ma allo stesso tempo coltivano il sogno di poterli incontrare ancora una volta, magari prima di morire, solo per sapere che stanno bene e per dirgli ancora una volta che non hanno mai smesso di pensarli. Questo desiderio è così forte che alcune detenute si tormentano le mani, come Regina, o si colpevolizzano per non essere state all’altezza delle aspettative dei propri genitori, come Alessandra.

Le cose che mancano di più in queste anguste celle sono il sole, il mare, il cielo, i colori e la natura. E le finestre, che in una casa ideale, dovrebbero essere tantissime. Queste sembrano richieste materiali, ma per le detenute sono bisogni fondamentali. Ma c’è soprattutto la speranza, perché è necessario sperare per non sprofondare nell’angoscia e nella depressione. In carcere, ogni bisogno viene amplificato: i messaggi, il cibo, le chiacchiere, i laboratori. Tutto diventa più importante. Come racconta Maida, il carcere è un piccolo mondo in miniatura: le dimensioni fisiche sono ridotte, ma le emozioni sono immensamente grandi.

Una delle detenute afferma: “Non voglio una casa, magari per un mese. Non vorrei più avere guai”. Questo libro è pieno di poesia, come il bellissimo e inconsapevole desiderio di Floriselda di urlare per un eterno paradiso.

“Salvate dai pesci” ci permette di entrare in un mondo sconosciuto e di ascoltare le voci di donne che vivono in condizioni difficili ma che non hanno perso la speranza. Queste storie ci invitano a riflettere sulla nostra società e sulle opportunità che diamo a chi ha commesso degli errori. È un libro che ci invita a trattare con delicatezza le esperienze altrui e a comprendere che dietro ogni persona c’è una storia unica e preziosa.

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