“Carefluencers”: il fenomeno dell’accudimento che conquista i social media

I “carefluencers” stanno diventando sempre più popolari sui social media, condividendo le loro esperienze come caregiver e offrendo consigli e supporto ad altri che si trovano nella stessa situazione. Il termine “carefluencer” è stato coniato dai ricercatori della University of Southern California Leonard Davis School of Gerontology, per definire quei caregiver con migliaia di follower che utilizzano Instagram e TikTok per raccontare la loro vita da caregiver.

Questi “carefluencers” condividono foto e video dei loro accuditi, lanciano club e propongono merchandising e prodotti per il benessere quotidiano. Ma qual è l’intento dietro tutto questo? Secondo la ricercatrice Francesca Falzarano, intervistata dal New York Times, i social media sono un modo per molti caregiver di cercare supporto, uscire dall’isolamento e sentirsi parte di una comunità. Tuttavia, gli esperti mettono in guardia sul fatto che l’aspetto dell’assistenza presentato dai “carefluencers” potrebbe non corrispondere sempre alla realtà.

Da un lato, i social media contribuiscono ad aumentare la consapevolezza sul mondo del caregiving e sulla dedizione che richiede. Dall’altro lato, però, possono trasmettere un’immagine distorta dell’assistenza come una sorta di competizione e resilienza emotiva. Inoltre, c’è il rischio che i “carefluencers” dispensino consigli dettati da interessi legati a sponsorizzazioni da parte di aziende farmaceutiche.

Loredana Ligabue, Segretaria dell’Associazione CARER APS, sottolinea che l’uso dei social media può esporre aspetti di una persona in difficoltà, che potrebbe non essere in condizione di esprimere la propria volontà. Ligabue fa anche notare che i social media possono portare a derive patologiche e alla condivisione di vissuti esasperati solo per attirare più followers. Secondo Ligabue, il caregiver ha bisogno di incontri in presenza per spezzare l’isolamento, perché i social media non possono colmare la mancanza di supporto e accesso alle risorse.

Inoltre, l’aspetto social può mettere in ombra i reali problemi sistemici con cui i caregiver si confrontano quotidianamente, come la mancanza di supporto e l’accesso limitato alle risorse. Marina Petrini, responsabile scientifica del progetto di ricerca dell’ISSN sullo stato di salute dei caregiver familiari autismo e Alzheimer della regione Lazio, avverte che c’è il rischio di diffondere fake news riguardo alla malattia del proprio assistito e alla capacità di gestirlo, facendo sentire gli altri non all’altezza della situazione e quindi ancora più fragili.

È importante ricordare che la gestione dello stress del caregiver non può essere vinta sui social media. Petrini conclude affermando che la capacità di gestire lo stress varia da persona a persona, ma nel campione da lei analizzato, le donne caregiver soffrono più degli uomini di depressione con ripercussioni sul sistema immunitario.

In conclusione, i “carefluencers” stanno diventando sempre più presenti sui social media, offrendo supporto e consigli a chi si trova nella stessa situazione. Tuttavia, è importante ricordare che l’immagine presentata sui social media potrebbe non sempre corrispondere alla realtà e che i caregiver hanno bisogno di incontri in presenza per combattere l’isolamento e ottenere il supporto di cui hanno bisogno.

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