Un padre coraggioso, una lotta per la verità e la giustizia che dura da decenni. Questa è la storia di Vincenzo Agostino, il padre dell’agente della Polizia di Stato Nino Agostino, vittima della mafia insieme alla moglie Ida Castelluccio nell’agosto del 1989. Vincenzo non si è mai rassegnato alla morte del figlio e della nuora, incinta di qualche mese, e ha denunciato fin da subito i tentativi di depistaggio legati al duplice omicidio.

Con una lunga barba bianca che ha promesso di non tagliare finché non sarebbe emersa la verità sui mandanti del delitto, sui silenzi e soprattutto sui depistaggi alle indagini, Vincenzo ha combattuto per il figlio anche dopo la morte di sua moglie avvenuta nel febbraio del 2019.

Dopo anni di indagini e processi, finalmente è arrivata una sentenza che ha dato un po’ di pace a Vincenzo. Nino Madonia, il boss di Resuttana e killer preferito da Toto’ Riina, è stato condannato all’ergastolo nel 2021, confermato anche in appello il 5 ottobre scorso. Quel giorno Vincenzo si è presentato al palazzo di giustizia di Palermo accompagnato dalle figlie, dai nipoti e dalla sua inseparabile scorta, ma senza più la moglie Augusta.

“Sono soddisfatto perché hanno condannato il macellaio di mio figlio e di mia nuora”, ha dichiarato Vincenzo dopo la sentenza. “Soddisfatto anche per mia moglie, desideravo tanto che ci fosse anche lei accanto a me. Ora toglierò la scritta sulla sua lapide ‘morta in attesa di verità e giustizia’. Si sta avvicinando il giorno in cui potrei tagliare la barba, perché si avvia a conclusione anche il procedimento ordinario, in caso di condanna posso dire che quel giorno posso mantenere la promessa che ho fatto sulla tomba di mio figlio”.

Ma la battaglia non è ancora finita. Ci sono ancora due imputati sotto processo con il rito ordinario: Gaetano Scotto, il boss dell’Arenella accusato del duplice omicidio aggravato, e Francesco Paolo Rizzuto, un amico di Nino Agostino accusato di favoreggiamento. Anche in questo procedimento, Vincenzo ha voluto essere presente, nonostante gli acciacchi dovuti all’età. Assisterà da altrove alla sentenza, essendo il processo alle battute finali.

Nino Agostino era un agente della Polizia di Stato che dava la caccia ai latitanti mafiosi. Questo sarebbe stato il motivo della sua morte decisa da Cosa Nostra. Grazie alla perseveranza di Vincenzo e Augusta, i molteplici depistaggi alle indagini sono venuti alla luce. Un momento importante in questa lunga e faticosa battaglia è stato il riconoscimento di Giovanni Aiello, ex poliziotto e ritenuto killer, avvenuto nel febbraio del 2016. Vincenzo ha riconosciuto in “faccia da mostro” l’uomo che qualche giorno prima del delitto era venuto a cercare suo figlio nella loro casa di Carini.

La lotta di Vincenzo Agostino è un esempio di coraggio e determinazione, un simbolo di come l’amore per un figlio possa spingere una persona a non arrendersi di fronte all’ingiustizia. La sua barba bianca diventerà il simbolo di una battaglia che sta finalmente avvicinandosi alla sua conclusione. Speriamo che la giustizia sia fatta e che Vincenzo possa finalmente tagliare la sua barba, simbolo di un impegno che ha portato avanti per anni. La sua storia è un monito contro la mafia e un richiamo alla necessità di combatterla con tutte le forze.

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