Mese: Aprile 2024

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AGI – Non potevano sfuggire all’occhio attento della Nasa i “volcanic vortex rings”, gli anelli di gas che l’Etna soffia sempre più spesso dando spettacolo anche quando, apparentemente, riposa. L’ente spaziale americano vi ha dedicato la pubblicazione dell’odierna fotografia astronomica del giorno. La spettacolare immagine è stata scattata a ridosso dell’alba del 7 aprile dall’astrofotografo siracusano Dario Giannobile, che per coglierla è andato a Gangi, borgo nelle Madonie tra i più belli d’Italia. “Le pareti del vulcano – spiega la Nasa – rallentano leggermente l’uscita degli sbuffi di fumo, facendo muovere più velocemente il gas interno”. Ne viene fuori “un anello, una struttura geometrica stabile mentre sale”.

 

Gli anelli di gas sono piuttosto rari, e per averli serve un equilibrio complesso: “La giusta geometria del condotto, la giusta velocità del gas espulso e la relativa calma dell’atmosfera esterna”. “Gli anelli sulla sinistra – spiega Giannobile, le cui foto sono visibili su Instragram (@astro_dariogiannobile) e Facebook (@dariogiannobile) – sembrano librarsi dalla corrente gassosa come piccole meduse galleggianti su un cielo colorato dal bagliore rossastro dell’alba. C’è un legame inscindibile fra le rocce laviche e il Cielo, rappresentato dalla sottile falce di Luna, testimone silenziosa della forza del nostro amato vulcano”.

 

La produzione di anelli di gas è tipica dell’Etna. “Nessun vulcano sulla Terra – ha spiegato di recente il vulcanologo Boris Behncke – produce così tanti anelli di vapore come l’Etna, lo sapevamo già da tempo. Nel 2000 e ancora da luglio 2023 in poi, il cratere Bocca Nuova ha emesso migliaia di questi anelli, e sta continuando. Ora l’Etna sta rompendo tutti i record precedenti. Nel tardo pomeriggio del 2 aprile scorso si è aperta una piccola bocca sull’orlo nord-orientale del Cratere di Sud-Est, che ha prodotto degli sbuffi di gas incandescente”.

 

L’articolo della Nasa contiene, tra l’altro, un time-lapse realizzato da Marcella Giulia Pace, astrofotografa ragusana, che insieme a Giannobile e ad altri appassionati da qualche anno, coniugando bellezza e scienza nei loro scatti, conquistano sia il gradimento popolare sia l’apprezzamento da parte degli addetti ai lavori.

“Gli anelli di gas vulcanici – spiega Pace su Passione Astronomia – sono un fenomeno spettacolare e raro che si verifica quando i vulcani emettono gas in modo da creare un vortice circolare. Questo inizia con l’emissione di gas composto da vapore acqueo, anidride carbonica, zolfo e altri composti volatili, attraverso una fessura stretta nel vulcano. Questi anelli possono rimanere stabili e visibili per diversi minuti, viaggiando per chilometri prima di dissolversi e la loro stabilità dipende dalla coerenza del vortice e dalle condizioni atmosferiche”.

 

In un bellissimo filmato l’astrofilo Giovanni Benintende segue da vicino questo ‘viaggio’ servendosi di un drone: l’anello di gas, conquistata la ‘libertà’, percorre la propria strada nell’azzurro del cielo, si allunga e infine svanisce. 

AGI – La scritta ‘Siegh Heil’ e il disegno di simboli del nazismo, tra cui quello delle SS e altri simboli a carattere runici. È quanto ignoti hanno disegnato sui manifesti che il Ministero della Difesa ha fatto affiggere su muri in strada in vista della ricorrenza del 25 Aprile, festa della Liberazione dal nazi-fascismo. E simboli analoghi anche su manifesti celebrativi e di un incontro pubblico fatti affiggere dal Comune di Roma. Mentre sul manifesto con cui l’Anpi annuncia il corteo in programma il 25 aprile a Porta San Paolo è scritto ‘Onore alla RSI’ e poi la parola ‘Negri’ accompagnata da un disegno osceno. È quanto accaduto nel quartiere Appio-Tuscolano, in via Matera, zona San Giovanni. Il muro preso di mira è quello di un istituto religioso, sede di scuola dell’infanzia e anche di una università, all’angolo con una piazza su cui si affaccia una imponente chiesa. Si presume che simboli runici e inneggiamenti al nazismo siano stati scritti nottetempo. Su uno dei manifesti è riportato ’25 Aprile festa del vile’.

 

La croce uncinata è stata vergata anche sul grande manifesto che annuncia il concerto della band La Sad in programma il prossimo giugno nell’ambito della rassegna RockinRoma. Preso di mira anche il manifesto che presenta il concerto, nella stessa manifestazione, del rapper napoletano Geolier, secondo al Festival di Sanremo di quest’anno e divenuto famoso per il brano ‘I p’ me, tu p’ te’: sul manifesto è scritto tutto in maiuscolo ‘Terrone’ e con la lettera ‘N’ con carattere runico. 

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AGI – Il cinema americano non sarebbe lo stesso senza le inconfondibili musiche di Henry Mancini, così come la musica americana non sarebbe la stessa senza il genio di George Gershwin. Il compositore della Rhapsody in Blue era un ebreo russo, l’autore del tema di Pink Pantker era italiano di sangue abruzzese, e ambedue hanno incarnato sia il mito del self made man, sia il carattere tipicamente statunitense della loro produzione artistica, pur provenendo da un’altra cultura. Enrico Nicola Mancini è nato a Cleveland esattamente cento anni fa, il 16 aprile 1924, da Quinto, originario di Scanno, bellissimo paese oggi meta turistica in provincia dell’Aquila, e da mamma Anna, della provincia di Isernia, allora negli Abruzzi. Enrico Nicola era troppo complicato ed era subito diventato Henry, e il leggero cambio di pronuncia del cognome poteva diventare segno di integrazione nel Nuovo Mondo da cui la famiglia Mancini si attendeva fortuna e prosperità in cambio di lavoro.

L’ottavino regalato dal padre emigrato negli Usa

A Quinto la voglia di lavorare non mancava, e infatti lo trovò subito in un’industria siderurgica, ma non gli mancava neppure una caratteristica di molti abruzzesi di provincia che imparavano a suonare e ad amare la musica grazie a quel fenomeno, oggi pressoché scomparso nella sua anima di puro diletto, rappresentato dalle bande e dal maestro di paese che insegnava a trarre suoni da uno strumento anche a chi non sapeva neppure leggere le note. Appassionato di flauto, ne aveva a sua volta insegnato i rudimenti al piccolo Henry regalandogli un ottavino, ad appena otto anni, senza poter immaginare quale fuoco avrebbe acceso nel cuore e nella mente di quel bambino.

Una travolgente carriera tutta in ascesa

Dopo quattro anni passava al pianoforte e alla composizione sotto la guida di Mario Castelnuovo Tedesco, un ebreo italiano, che gli schiuse le porte della Juillard School di New York. L’ingresso degli Stati Uniti nella seconda guerra gli impedì di completare gli studi ma il servizio militare lo compì nelle bande dell’Esercito affinando qualità e mestiere. Quindi un’esperienza nella band di Glenn Miller, come pianista e arrangiatore, e l’approdo a Hollywood nel 1952, assunto dalla Universal Pictures. Alla seconda colonna sonora arrivò il successo con la prima di 18 nomination all’Oscar e la conquista di quattro statuette per la miglior colonna sonora e la miglior canzone («Moon River») per «Colazione da Tiffany» di Blake Edwards nel 1962, miglior canzone («Days for wine and roses») nel 1963, miglior colonna sonora per «Victor Victoria» nel 1983, sempre di Edwards. È dal sodalizio con il regista che scaturisce un altro successo internazionale con il tema della Pantera Rosa, dal grande schermo ai cartoon. Mancini firma pagine di grande bellezza come il tema d’amore di Romeo e Giulietta, scrive la colonna sonora della serie tv «Uccelli di Rovo», firma un centinaio di film e incide una cinquantina di dischi, mettendo in bacheca 20 Grammy Awards e 2 Emmy, con circa 500 canzoni. È musica americana nello spirito, nella forma, nella ritmica e nelle armonie, eppure così italiana nello svolgersi della melodia.

Concerti, luoghi, parenti e una via dedicata al musicista 

Mancini è morto il 14 luglio 1994 a Beverly Hills. Nel 1947 aveva sposato una cantante, Virginia O’ Connor, che gli aveva dato tre figli: Chris, Felice e Monica. Nel centenario della nascita sono tornati tutti e tre nel paese di origine del padre, Scanno, di cui Henry parlava sempre mentre il nonno Quinto, che era andato via a 17 anni, stranamente quasi mai. L’invito a Los Angeles era partito dal conservatorio “Alfredo Casella” dell’Aquila per il progetto «Henry Mancini, un abruzzese a Hollywood» da un’idea del docente di musica jazz Paolo Di Sabatino. Concerti (Monica è cantante di successo negli Usa), scoperta dei luoghi, conoscenza di parenti e di usanze di cui ignoravano l’esistenza: davvero un altro mondo per i tre eredi Mancini provenienti dal Nuovo Mondo. Un ritorno alle radici nel segno della musica di un compositore di respiro universale. A Scanno la via dove Quinto (Quintiliano all’anagrafe) abitava e che nel 1910 abbandonò per cercare fortuna, oggi è intitolata a Henry Mancini.