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AGI – “Quando muori resta a me” è l’ultima fatica editoriale di Michele Reich, in arte Zerocalcare. Un racconto intimo sul rapporto tra padre e figlio, ma anche su un ragazzo che all’improvviso si rende conto di essere cresciuto e inizia a fare i conti con i suoi 40 anni. Una narrazione che il fumettista romano definisce “un flusso di coscienza” che lo porta talmente lontano dalle sue comfort zone che da Rebibbia arriva fino a Merin, un piccolo paese di montagna in Friuli Venezia Giulia, dove Calcare affronterà anche il tema delle proprie radici. “Mi andava di inserire qualcosa di straniante rispetto a Rebibbia. La montagna di Merin e il racconto di un viaggio vero”. Così in un viaggio ideale, Michele Reich racconta all’AGI cosa c’è dietro questo ultimo lavoro, targato come sempre Bao Pubishing.
“Il libro nasce come un racconto sul rapporto con mio padre perché dopo aver visto al cinema “After Sun”, la storia di un adolescente che trascorre l’ultima estate insieme al padre, sentivo che si erano smosse una serie di cose e che il film parlava anche a me. – spiega Zerocalcare – Così mi è venuta voglia di provare a esplorare quel rapporto paterno che non avevo mai toccato nei fumetti, ma neanche a parole nella vita vera. Nel farlo mi sono reso conto, un po’ per come stavo io, che stavo andando avanti per flusso di coscienza ed effettivamente il libro ha preso una direzione che va oltre il rapporto con mio padre e verso la constatazione dello scorrere del tempo”.
Come se dal G8 di Genova, richiamato nel racconto “non fosse successo nulla, che in un batter di ciglia si è consumato un quarto della mia vita”.
Di cosa ti rendi conto oggi, che prima non consideravi? “Un sacco di cose, dalle porte chiuse dietro di me. Che va da quello che avrei potuto fare o essere nella vita. Io mai avrei pensato di fare fumetti e sono molto contento adesso. Però adesso è difficile pensare che io possa diventare paleontologo, come invece sognavo. – e poi spiega Reich – Al tema dei figli e della famiglia. È chiaro che i figli li posso fare ancora, ma significa che inizio a essere un genitore grande d’età e non più giovane con quelle energie. Significa fare i conti con la morte dei genitori, con l’inversione del prendersi cura. Ci sono un sacco di cose”.
E la cosa che spaventa di più Zerocalcare qual è? “Il mio temporeggiare e riuscire a crearmi degli alibi per rimandare le cose come è stato in questi 20 anni. Ho paura di rimettere in pratica le stesse cose”.
Nel fumetto tuo padre colma il silenzio con le cose, da qui il titolo “Quando muori resta a me”. Ma cosa lascerà davvero? “Le cose sono tutte orribili st… che mi lascia, dalle collezioni di macchinine alle piante grasse. Su quelle ci conto poco e conto di farci poco vendendole (ride). Sicuramente nel rapporto con mio padre non è in discussione l’amore o l’affetto, e non verrà meno, certo rischia di lasciare un sacco di non detti, di cose che ci saremmo potuti dire. – ma spiega – Non è solo lui, ma anche io. Sono capace di scriverle nei fumetti ma poi non di dirle certe cose. Le cose che ho scritto in queste pagine non sono riuscito né prima né dopo a dirgliele in faccia”.
E lui come ha commentato questo libro? “Non ha detto niente. E quando ha letto la prima parte ha fatto la battuta ‘con i soldi di sto libro che mi ci compri?’. Però non mi ha fatto causa”.
“Quando muori resta a me” sarà anche un audiolibro. Ma si riesce a raccontare un fumetto senza l’elemento fondamentale delle illustrazioni?
“Si e no, io sono molto verboso e la narrazione viene svolta principalmente con le parole. Talvolta i disegni sono quasi un contorno, quindi in realtà si riesce a seguire bene la storia anche in un audio libro. È vero che alcune immagini riescono a dare uno strato in più alla lettura e quelle anche se le descrivi non sarà mai la stessa cosa. In più ci sono le voci, alcuni rumori di fondo… si tratta di un’esperienza diversa in cui qualcosa si perde e qualcosa si guadagna.
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