L’estate del 2023 è stata davvero eccezionale, segnando un record di calore che non si registrava da ben 2.000 anni nell’emisfero settentrionale. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature, le temperature estive sono state quasi 4 gradi più alte rispetto all’estate più fredda mai registrata nello stesso periodo. Questo dato è ancora più significativo se consideriamo che l’anno passato è già entrato nella storia come l’anno più caldo mai registrato finora.
Ma come è stato possibile risalire così indietro nel tempo per avere queste informazioni? La scoperta è avvenuta grazie agli anelli di accrescimento degli alberi, che custodiscono preziose informazioni sul clima passato. Un gruppo di ricerca guidato dall’Università tedesca Johannes Gutenberg di Magonza ha analizzato questi dati e ha dimostrato che l’accordo di Parigi del 2015, volto a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali, è già stato violato.
Secondo Ulf Büntgen dell’Accademia delle Scienze della Repubblica Ceca, co-autore dello studio guidato da Jan Esper, molte delle conversazioni sul riscaldamento globale si basano su dati meteorologici degli ultimi 150 anni. Ma come possiamo veramente capire cosa è normale e cosa non lo è in termini climatici? Solo guardando alle ricostruzioni climatiche, come quelle ottenute dagli anelli degli alberi, possiamo contestualizzare i cambiamenti climatici recenti e comprendere meglio l’impatto dell’attività umana sull’ambiente.
I risultati dello studio hanno mostrato che la maggior parte dei periodi più freddi degli ultimi 2.000 anni sono stati causati da grandi eruzioni vulcaniche. L’estate più fredda mai registrata risale al 536 d.C. e seguì proprio una di queste eruzioni, con una differenza di temperatura di 3,93 gradi rispetto all’estate del 2023. D’altra parte, molti dei periodi più caldi possono essere attribuiti all’influenza di El Niño, un fenomeno climatico ciclico che provoca un forte riscaldamento delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico.
Tuttavia, negli ultimi 60 anni, il riscaldamento globale causato dalle emissioni di gas serra ha intensificato gli effetti di El Niño. E dato che ci si aspetta che El Niño rimanga attivo fino all’inizio dell’estate del 2024, è probabile che si battano nuovi record di temperatura.
Questo studio mette in luce l’importanza di analizzare dati climatici a lungo termine per comprenderne appieno le variazioni e l’impatto dell’attività umana sulla Terra. Se vogliamo affrontare seriamente il problema del cambiamento climatico, dobbiamo basarci su dati accurati e affidabili per prendere decisioni informate e adottare politiche adeguate. Solo così possiamo sperare di invertire la tendenza attuale e limitare i danni causati dal riscaldamento globale.