Le quote rosa: una soluzione per cambiare il sistema sanitario

Negli ultimi anni, la questione della rappresentazione femminile nei settori scientifici è diventata sempre più importante. Le donne sono ancora sottorappresentate ai vertici della ricerca scientifica, un problema che riguarda tutto il mondo e che si riflette anche in istituzioni come la Scuola internazionale di studi avanzati di Trieste (Sissa).

Secondo Domenica Bueti, neuroscienziata e direttrice del laboratorio “Time Perception Lab” della Sissa, le quote rosa potrebbero essere una soluzione per affrontare questa disparità di genere. Mentre riconosce che le quote rosa possono sembrare un’idea orribile, Bueti sostiene che siano un male necessario per innescare un cambiamento immediato mentre si aspettano i lenti effetti di un cambiamento culturale.

Le quote rosa permettono di mettere a sistema la presenza femminile nei settori scientifici, consentendo alle donne di partecipare alle scelte e arricchendo i consessi con la loro prospettiva unica. Inoltre, offrono un modello per le generazioni future, dimostrando che le donne possono avere successo nella ricerca scientifica.

La Sissa stessa ha intrapreso iniziative pionieristiche per affrontare la scarsa rappresentazione delle donne ai vertici della ricerca scientifica. Ad esempio, sono state organizzate delle “Open call of interest” aperte a tutte le discipline della fisica, a cui avevano accesso solo le donne. Questo ha permesso di valorizzare candidature eccellenti e ha portato all’assunzione di due scienziate di talento.

Nonostante questi sforzi, il dato sulla rappresentazione femminile alla Sissa rimane ancora basso. Solo il 10% del corpo professorale è donna, un dato che diventa ancora peggiore se si esclude il settore delle neuroscienze, dove il 20% del corpo professorale è composto da donne. Le scienze della vita in generale hanno un bilanciamento migliore delle materie Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), dove solo il 10% di chi fa domanda di ingresso al dottorato di matematica della Sissa è donna.

La Sissa ha anche preso in considerazione le esigenze delle scienziate junior, che spesso rinunciano alla carriera per ragioni personali. L’istituto ha infatti creato un asilo aziendale, una delle iniziative messe in campo per sostenere le donne che cercano stabilità nella vita personale mentre perseguono una carriera nella ricerca scientifica.

Secondo Bueti, la pressione sociale gioca un ruolo importante nel deterrente per le donne ad intraprendere una carriera scientifica nelle materie Stem. La mancanza di modelli femminili di successo e la percezione che le scienze siano “maschili” possono scoraggiare le donne fin dall’inizio.

In conclusione, le quote rosa potrebbero essere una soluzione temporanea per affrontare la scarsa rappresentazione delle donne nei settori scientifici. Mentre si lavora per un cambiamento culturale più ampio, è importante mettere in atto delle misure concrete per garantire una maggiore presenza femminile nella ricerca scientifica. La Sissa è uno dei primi istituti di ricerca in Italia ad adottare queste iniziative, dimostrando che è possibile fare la differenza.

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