Il percorso di Monsignor Angelicchio: un sacerdote tra cinema e Vaticano
Monsignor Francesco Angelicchio, il primo sacerdote italiano dell’Opus Dei, ha avuto un percorso di vita davvero unico. La sua storia è stata raccontata dal nipote giornalista di esteri de La7, Fabio Angelicchio, in un nuovo libro intitolato “Il primo italiano dell’Opus Dei. Monsignor Francesco Angelicchio”.
Nato a Monterotondo, alle porte di Roma, da una famiglia modesta, Angelicchio è cresciuto con un padre maresciallo dei carabinieri. Dopo aver combattuto sulla linea del fronte jugoslavo durante la guerra, il giovane sacerdote si iscrisse all’università e lavorò come clacchista al teatro Eliseo di Roma insieme ad amici come Alberto Sordi e Paolo Panelli.
Entrando in contatto con l’Opus Dei, Angelicchio decise di lasciare la sua carriera di avvocato per diventare il primo “numerario” italiano dell’istituzione cattolica fondata in Spagna da Josemaria Escrivà de Balaguer. Questo gli valse il titolo di “primogenito italiano” da parte di Escrivà.
La sua carriera prese una svolta significativa quando Giovanni XXIII lo incaricò di istituire il Centro cattolico cinematografico. Angelicchio fu responsabile della scelta dei film da far vedere a Paolo VI, introducendolo al cinema neorealista e convincendolo ad accogliere anche gli artisti con legami sentimentali irregolari. Tra gli attori e registi con cui Angelicchio sviluppò amicizie figurano nomi illustri come Federico Fellini, Roberto Rossellini, Pier Paolo Pasolini e Liliana Cavani.
In seguito, Angelicchio si trasferì a Milano dove Montini, il futuro Papa Paolo VI, si affidò a lui come esperto di spettacolo. Fu addirittura chiesto ad Angelicchio di intervenire per spostare una puntata di “Lascia o Raddoppia” in televisione perché coincideva con la Pasqua.
La vita di Monsignor Angelicchio è stata caratterizzata da una grande passione per il cinema e dal suo impegno nel campo delle comunicazioni sociali della Chiesa. Collaborando con la Segreteria di Stato vaticana e divenendo Direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Cei, Angelicchio ampliò ulteriormente la sua cerchia di amicizie nel mondo dello spettacolo.
Uno degli aneddoti più interessanti del libro riguarda l’intervento di Angelicchio con il famoso regista Pier Paolo Pasolini. Nonostante le loro diverse posizioni sulla religione, Angelicchio riuscì a convincere Pasolini a rivedere parte della sceneggiatura de “Il Vangelo secondo Matteo” perché mancavano i miracoli.
Ma Angelicchio non fu solo un uomo del cinema. Fino alla sua morte nel 2009, all’età di 88 anni, fu un attivo pastore, sempre impegnato a servire la comunità. Il nipote lo ricorda come un uomo che ha saputo ascoltare la sua vocazione senza esitazioni, lasciando in eredità un esempio di vita umile, serena e generosa.
La storia di Monsignor Angelicchio è un esempio di come la passione per il cinema e la fede possano coesistere e influenzarsi reciprocamente. La sua dedizione al servizio della Chiesa attraverso la comunicazione e l’arte cinematografica è un esempio di come il mondo del cinema possa essere un ponte tra la Chiesa e la società.
Il libro “Il primo italiano dell’Opus Dei. Monsignor Francesco Angelicchio” offre un vivido ritratto di questo sacerdote straordinario che ha lasciato un’impronta significativa sulla storia del cinema e sulle comunicazioni sociali della Chiesa. È un’opera che ci permette di conoscere meglio una figura eccezionale che ha saputo coniugare la sua fede con la sua passione per il cinema, portando entrambi nel cuore del Vaticano.