Fine del smart working semplificato: torniamo alle vecchie regole

Dopo il periodo di emergenza causato dalla pandemia di Covid-19, sembra che il smart working semplificato stia giungendo al termine. Le procedure che garantivano questa modalità di lavoro flessibile, ad esempio per coloro affetti da determinate patologie, saranno sostituite da accordi individuali tra azienda e lavoratori. Inoltre, scade anche la proroga dello smart working nel settore privato per i genitori di minori sotto i 14 anni.

Questo segna l’inizio di una nuova fase per il fenomeno in crescita dello smart working. Dopo aver raggiunto il picco durante la pandemia e una graduale riduzione negli ultimi due anni, si prevede che nel 2023 ci saranno 3,585 milioni di lavoratori da remoto in Italia, in lieve aumento rispetto ai 3,570 milioni del 2022. Questo rappresenta un aumento del 541% rispetto al periodo pre-Covid. Secondo l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, si stima che nel 2024 ci saranno 3,65 milioni di smart worker nel nostro Paese.

Tuttavia, questo ritorno alle vecchie regole potrebbe portare a una riflessione sul modello stabilito nel 2017. Durante la pandemia, lo smart working è stato utilizzato su larga scala come strumento di emergenza, andando oltre la sua finalità originale di innovazione organizzativa. Questo ha generato due effetti a livello sistemico: da un lato, ha distanziato lo smart working dalla finalità imprenditoriale, ma dall’altro ha dimostrato la sua ampia praticabilità e i benefici anche sul piano sociale.

Secondo Francesco Rotondi, giuslavorista e consigliere del Cnel nonché fondatore dello studio LabLaw, “dopo una fase di scetticismo iniziale, è seguito un periodo di ottimismo eccessivo che ha sottovalutato la necessità di adattare lo smart working allo stile organizzativo delle imprese”. Questo ha portato alla discussione sulla necessità di una revisione normativa della legge del 2017. Tuttavia, la principale criticità sembra essere l’adattamento dell’organizzazione aziendale a questa modalità di lavoro flessibile. È emersa infatti un’istanza sociale che considera lo smart working come uno strumento efficace per conciliare il lavoro, la cura e la vita personale, tanto da invocare un “diritto” allo smart working.

In conclusione, il fine del smart working semplificato rappresenta un nuovo capitolo per questa modalità di lavoro flessibile. Nonostante il ritorno alle vecchie regole, è evidente che lo smart working ha dimostrato il suo valore e i suoi benefici sia sul piano aziendale che su quello sociale. È necessario trovare un equilibrio tra le esigenze delle imprese e le istanze sociali che considerano lo smart working come uno strumento fondamentale per conciliare i diversi aspetti della vita lavorativa e personale.

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