La neuroinfiammazione è stata collegata alla progressione incontrollata del morbo di Parkinson, secondo le scoperte di una neurologa italiana. La malattia di Parkinson è una delle forme più comuni di neurodegenerazione che colpisce il sistema motorio. Secondo la neurologa Stefania Brotini, la neuroinfiammazione svolge un ruolo chiave nel meccanismo che porta alla morte delle cellule nervose nel sistema dopaminergico.
Fino ad oggi, la causa esatta della malattia di Parkinson è rimasta sconosciuta. Tuttavia, le ricerche hanno dimostrato che i neuroni dopaminergici presentano una maggiore vulnerabilità a diversi fattori tossici che possono causare neuroinfiammazione. Questa infiammazione cronica sembra essere il principale responsabile della progressione incontrollata del morbo di Parkinson.
Gli studi recenti si sono concentrati non solo sulla patologia neuronale associata al morbo di Parkinson, ma anche sul ruolo delle cellule non neuronali chiamate Glia. In particolare, la microglia e gli astrociti sembrano essere i protagonisti principali nel processo di neuroinfiammazione. Ciò che è emerso da queste ricerche è che la neuroinfiammazione si verifica prima della degenerazione delle sinapsi neuronali, il che significa che non è una conseguenza ma piuttosto una causa della malattia. Quindi, la degenerazione del Parkinson è il risultato della neuroinfiammazione cronica e non viceversa.
Questa scoperta ha portato alla ricerca di molecole lipidiche che possono svolgere un ruolo essenziale nel contrastare la neuroinfiammazione cronica. Una di queste molecole è la Palmitoiletanolamideultramicronizzata (PEA-um), che è una molecola lipidica endogena prodotta principalmente dalle cellule non neuronali come i mastociti, gli astrociti e la microglia. La PEA-um agisce come un equilibratore cellulare e ha dimostrato di contrastare i danni al sistema nervoso centrale causati dalla neuroinfiammazione.
La neurologa ha condotto uno studio sulla somministrazione di PEA-um a un gruppo di pazienti affetti da morbo di Parkinson. I risultati sono stati entusiasmanti: le discinesie, ossia i movimenti involontari, si sono ridotte notevolmente e si è osservato anche un aumento della durata dell’effetto della dopamina. La PEA-um è stata aggiunta alla terapia standard per il Parkinson ed è risultata un efficace coadiuvante nel ridurre i sintomi motori e non motori della malattia.
La malattia di Parkinson di solito si manifesta dopo i 50 anni, sebbene possa colpire anche persone più giovani in caso di forme genetiche. La sua prevalenza aumenta con l’età e può manifestarsi in diverse varianti cliniche, con prognosi differenti. Oltre ai sintomi motori, come i movimenti involontari, la malattia di Parkinson può essere complicata da disturbi non motori come i disturbi dell’attenzione e il declino delle funzioni cognitive. Il trattamento farmacologico comprende diversi farmaci, tra cui la terapia con levodopa, che rappresenta il gold standard. Tuttavia, nel tempo, possono verificarsi fluttuazioni motorie che ostacolano la risposta alla terapia. In questi casi, possono essere utilizzati altri farmaci come i dopaminoagonisti, gli inibitori delle COMT e la safinamide, rasagilina, rotigotina, apomorfina e duodopa.
La neurologa conclude affermando che ci sono buone aspettative per nuovi farmaci sviluppati per il trattamento delle fluttuazioni motorie. Ad esempio, la levodopa inalabile e la formulazione sublinguale dell’apomorfina potrebbero offrire nuove opzioni terapeutiche. Inoltre, sono in corso ulteriori ricerche per sviluppare nuovi trattamenti per il morbo di Parkinson.
In sintesi, la neuroinfiammazione sembra svolgere un ruolo importante nella progressione del morbo di Parkinson. Le recenti scoperte sulla neuroinfiammazione cronica e l’efficacia della PEA-um nel contrastarla potrebbero portare a nuove terapie per questa malattia neurodegenerativa. Mentre il trattamento farmacologico attuale offre sollievo dai sintomi, la ricerca continua a cercare soluzioni più efficaci per migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da Parkinson.