Il dramma di un’amicizia tradita: condannato all’ergastolo per l’omicidio di un amico che ha rifiutato un drink

Nella tranquilla cittadina di Popoli, provincia di Pescara, un tragico evento ha scosso le fondamenta di un’amicizia che sembrava solida. Alessandro Chiarelli, un trentaduenne dal passato burrascoso, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Fulvio Declerch, un amico di 54 anni, che ha avuto il coraggio di rifiutargli un drink.

La requisitoria del Pg Alberto Sgambati ha convinto la corte d’assise d’appello dell’Aquila a emettere questa severa condanna. Secondo il procuratore, la traccia di sangue di Chiarelli sul vetro sfondato è stata definita come “la firma dell’omicidio”. Il collegio di secondo grado ha confermato la prima sentenza, assolvendo l’imputato dall’aggravante della premeditazione e riducendo il reato di distruzione di cadavere in occultamento. Il corpo senza vita di Declerch è stato gettato nel fiume, un gesto che ha ulteriormente sconvolto il pubblico e gli inquirenti.

La corte ha riconosciuto tre aggravanti fondamentali: crudeltà, futili motivi e minorata difesa della parte offesa. Il rappresentante della pubblica accusa ha sottolineato la “fredda determinazione dell’imputato” nel commettere l’omicidio, definendo il delitto come un atto in cui “è stato usato il cervello”. Tutto è iniziato da un litigio banale, scaturito da una bevuta di vino negata da Declerch a Chiarelli nella sua stessa casa.

Durante il processo, emersi dettagli scioccanti sul modo in cui Chiarelli ha attuato il suo piano omicida. Dopo essersi arrampicato sul balcone e aver sfondato la finestra dell’appartamento di Declerch, procurandosi una ferita alla mano destra, si è scagliato contro di lui con un coltello lungo 34 centimetri. La vittima ha subito sei colpi al collo e al torace, seguiti da altri colpi al volto mentre giaceva a terra agonizzante. Uno dei colpi ha causato la perdita di parte di un orecchio, trovato successivamente dagli inquirenti.

Le indagini si sono concentrate su Chiarelli grazie al suo passato turbolento e alle testimonianze di due amici della vittima presenti durante l’omicidio. I due amici hanno raccontato di una serata tesa e piena di tensione tra Declerch e l’imputato, che si è presentato armato di coltello. Fortunatamente, gli amici sono riusciti a convincere Chiarelli a desistere e lo hanno accompagnato fuori dall’appartamento. Ciò che non sapevano era che Chiarelli aspettava che loro se ne andassero per attuare il suo tragico piano.

Le prove a carico di Chiarelli sono state molteplici. Un maresciallo dei carabinieri ha riconosciuto l’imputato da alcune immagini in cui trasportava il corpo di Declerch in una carriola verso il fiume Pescara. Il cadavere è stato successivamente trovato da un passante. Quando gli investigatori hanno perquisito l’abitazione di Chiarelli, hanno trovato scarpe e abiti lavati in lavatrice, simili a quelli trovati dai carabinieri dei Ris di Roma nell’appartamento della vittima. Inoltre, il giubbotto indossato dall’imputato la sera dell’omicidio è stato rinvenuto gettato nella spazzatura.

Sia il pubblico ministero che gli avvocati difensori, Gianluigi Tucci e Fabrizio Castellano, hanno annunciato un ricorso per Cassazione. Sarà solo nel mese di luglio che verranno resi noti i motivi di questa tragica vicenda.

Questa storia riporta alla luce l’oscurità che può nascondersi dietro un’amicizia e come le azioni apparentemente insignificanti possano portare a conseguenze terribili. Il caso di Alessandro Chiarelli e Fulvio Declerch ci ricorda l’importanza di gestire i conflitti in modo pacifico e di evitare che l’ira e la violenza prendano il sopravvento.

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