Autore: admin1356

AGI – Pasti pronti più sani potrebbero ridurre le emissioni dell’UE di 48 milioni di tonnellate all’anno e far risparmiare ai clienti 2,8 miliardi di euro (2,4 miliardi di sterline) ogni anno, oltre a ridurre le malattie. I fast food e i piatti pronti forniscono più di un sesto delle calorie dell’UE ma contengono molto più sale e carne di quanto raccomandano i medici, secondo quanto emerso da un’analisi della società di consulenza Systemiq commissionata dalle organizzazioni ambientaliste no-profit Fern e Madre Brava. Gli scienziati hanno scoperto che imporre standard minimi di salute e sostenibilità alle aziende che si occupano di vendere la maggior parte di questi cibi porterebbe enormi benefici alla società.

 

“Rendere i piatti pronti più sani e sostenibili è una politica senza rimpianti”, ha dichiarato Eduardo Montero Mansilla, della Federazione spagnola dei consumatori e degli utenti, una delle dieci organizzazioni non governative coautrici del rapporto.

 

“Possiamo migliorare la salute delle persone e del pianeta a prezzi accessibili”, ha continuato Montero Mansilla. Il rapporto ha esaminato gli effetti dell’imposizione alle grandi aziende alimentari di rispettare le diete indicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che mira a evitare la malnutrizione e le malattie non trasmissibili, e della Commissione EAT-Lancet, che cerca di ridurre i danni ambientali e umani. In entrambi i casi, è emerso che i pasti pronti dovrebbero contenere in media circa la metà dei cereali raffinati e due terzi di carne in meno, oltre a un numero significativamente maggiore di legumi.

 

Il rapporto ha rilevato che ciò farebbe risparmiare ai consumatori 2,8 miliardi di euro in cibo e ridurrebbe le emissioni di 48 milioni di tonnellate all’anno, ma non ha tenuto conto degli ulteriori benefici economici derivanti dal fatto che gli ospedali spenderebbero meno soldi per curare i pazienti e i datori di lavoro perderebbero meno denaro a causa dei giorni di malattia dei lavoratori.

“Stiamo vivendo una crisi sanitaria legata all’alimentazione”, ha detto Alba Gil, della European Public Health Alliance, coautrice del rapporto.

AGI – Per qualche ora, Capri è stata l’ombelico della politica estera mondiale. Era da mercoledì sera che tra i vicoli che si inerpicano sull’isola, di fronte al Golfo di Napoli, si tessevano le fila della diplomazia internazionale. Turisti e cameraman, delegazioni e ristoratori, tutti mescolati senza apparente intralcio. Del resto l’isola è abituata a grandi eventi: vi era di casa Jacqueline Kennedy, d’estate si vedono Leonardo Di Caprio e Jennifer Lopez, nessuno si stupisce di nulla. Tantomeno della cena al lume di candela del capo della diplomazia Usa, Antony Blinken, con la moglie, su un terrazzino a strapiombo sull’iconica piazzetta salotto. Ma stamane, dopo la notizia che era stata colpita una base aerea a Isfahan, il cuore della difesa area iraniana, vicino a un importante impianto nucleare, per qualche ora l’isola dei Faraglioni è diventata il fulcro delle tensioni, anche perché si è temuta una rappresaglia immediata, che per fortuna non c’è stata.

 

È stato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha dato al mondo l’annuncio che gli Usa erano stati avvisati “all’ultimo minuto” dell’incursione. Fonti americane hanno aggiunto che era stato un missile israeliano a prendere di mira l’Iran. Blinken ha chiarito che gli Usa non erano stati coinvolti in alcuna azione, ma si è rifiutato di confermare che Israele aveva dato a Washington un preavviso dell’azione: “Non ho intenzione di parlarne se non per dire che gli Stati Uniti non sono stati coinvolti in alcuna operazione offensiva”.

 

È un momento in cui le relazioni tra gli Stati Uniti e il loro principale alleato in Medio Oriente sono sempre più gelide e dal tono si capisce. Ci sono state esplosioni a Isfahan e Tabriz, forse anche in Siria, ma l’Iran minimizza: fa sapere che non è successo nulla di speciale e non ci sarà alcun attacco di rappresaglia. E mentre dal Medio Oriente si rincorrono le notizie, a Capri le parole d’ordine sono de-escalation e moderazione. Lo ripetono i ministri, lo sintetizza il documento finale firmato. 

 

“Ha prevalso il buon senso, non ci sono state vittime”, fa notare Tajani quando incontra la stampa dopo quasi tre ore di colloquio con i colleghi. Il timore che Israele desse una risposta incendiaria all’attacco subìto sabato scorso dall’Iran sembra per ora sfumato. “Quando tra amici si invia un messaggio, evidentemente si innesca una riflessione”, osserva il vice premier che promette impegno ulteriore per la de-escalation. Oggi è il primo passo: “Non so quanto sia possibile che Israele e Iran si siedano attorno a un tavolo ma ora conta la de-escalation, che si concluda questa fase e si apra una stagione diversa: arrivare a una tregua, far entrare aiuti a Gaza, liberare gli ostaggi, ridurre l’aggressività di Houthi e Hezbollah”.

 

L’Italia, che ha la presidenza di turno del G7, può giocare un ruolo di primo piano, incalza Blinken. “Parli con chi ha buoni rapporti in Medio Oriente”: il riferimento evidente è all’Iran. “L’Italia ha i contatti diretti e penso che si sia visto, nelle due ultime settimane. È importante alimentarli per evitare escalation e un conflitto più ampio, regionale”. Ministro Tajani, a quando la telefonata all’Iran? Tajani, che ormai sta lasciando l’isola e si gode i saluti e i complimenti degli isolani prima di salire sul traghetto, si volta sorpreso: “Datemi un po’ di respiro, si è appena conclusa questa giornata”.

AGI – Richiamo a Bruno Vespa dalla presidente della Rai, Marinella Soldi, per la presenza di soli ospiti maschili nella puntata di ‘Porta a porta’ in cui si è parlato di aborto.
Fonti di viale Mazzini fanno sapere che la presidente della Rai ha richiamato Vespa sul ruolo fondamentale del servizio pubblico in particolare su un tema così sensibile e che chiama in causa direttamente il corpo delle donne.

 

La presidente della Rai, Marinella Soldi, è impegnata tra l’altro da molto tempo nel portare avanti il progetto ‘No women no panel – Senza donne non se ne parla’, iniziativa nata in seno alla Commissione europea e rilanciata dalla Rai con l’obiettivo di “valorizzare competenze, esperienze e talenti anche femminili per una più compiuta attuazione dei principi di democrazia paritaria e pluralismo, garantendo l’adeguata rappresentanza delle donne in convegni, appuntamenti istituzionali e talk show”.

A partire proprio dalla presenza, in termini numerici, delle donne nei dibattiti pubblici. Cosa che non c’è stata nella puntata di ‘Porta a porta’ dove si è affrontato anche il tema dell’aborto.
Ultima firma del protocollo d’intesa ‘No women no panel’ era stata siglata tra la Rai e il Campidoglio, lo scorso 9 aprile, ma il progetto ha avuto già l’adesione di 45 soggetti territoriali: 8 Regioni, 21 Enti locali (Comuni, Province e città metropolitane) e 16 Università.