Autore: admin1356

AGI – All’origine di quel barattolo divenuto simbolo di italianità c’è stato un problema. Dopo la seconda guerra mondiale, il cacao era difficilissimo da reperire. E Michele Ferrero, da un piccolo paesino del Piemonte pieno zeppo di alberi di nocciole (Alba), provò a sperimentare una pasta morbida, spalmabile, che utilizzava per l’appunto le abbondanti ed economiche nocciole al posto del cacao. Era li 20 aprile 1964 e quell’intuizione avrebbe cambiato per sempre le abitudini degli italiani e di milioni di persone in tutto il mondo.

 

Una crema di nocciole e cioccolato passata in mezzo secolo dall’occupare uno semplice scaffale nella grande distribuzione ad essere una categoria merceologica a tutti gli effetti. 

 

 

Nutella è diventato così un dolce-icona: del Made in Italy, dell’italianità, del radicamento nel territorio visto che l’azienda che oggi è un colosso da 14 miliardi di euro (con un balzo del 10,4% nell’ultimo bilancio) non ha mai abbandonato la piccola Alba. Ma non solo. Negli ultimi anni un prodotto che da solo farebbe un’azienda medio grande ha visto il lancio di Nutella&GO! (2005), del Nutella B-ready (2015), dei Nutella Biscuits (2019) al centro di un vero e proprio fenomeno di marketing, dei Nutella Muffin (2020) e dei Nutella Croissant lo scorso anno. 

 

 

Il salto da piccola azienda artigianale a vero e proprio colosso è stato operato infine da Giovanni Ferrero, nipote del fondatore e uomo più ricco d’Italia con un patrimonio da 39 miliardi di dollari, che ha introdotto marketing e prodotti sempre più innovativi e un welfare aziendale tra i più avanzati (considerevoli premi di produzione, medico gratis e una Fondazione dove trascorrere la pensione con attività che spaziano dall’arte al bricolage).

 

 

Oggi la Ferrero occupa 4 mila lavoratori e produce mezzo miliardo di tonnellate di prodotti l’anno, destinati a 170 paesi. 

 

 

 

 

 

 

AGI – Ha superato le stime diventando il manifesto di Marcello Dudovich più caro mai venduto in un’asta: il ‘Cable’ Confort Michelin’ è stato aggiudicato a 100mila euro (inclusi diritti) durante la vendita dei manifesti andata in scena il 16 e il 17 aprile in Sala Bolaffi a Torino. Ad aggiudicarselo, dopo un’accesa competizione con partecipanti online e palette in Sala Bolaffi, un famoso collezionista italiano appassionato di automobili d’epoca e di cimeli automobilistici, collegato al telefono.
Resta quindi in Italia il celebre Bibendum, mascotte di Michelin, rappresentato dall’illustratore triestino morto nel 1962 mentre è adagiato comodamente all’interno di uno pneumatico intento a studiare la cartina stradale del nostro Paese.

 

“Dopo tanti anni siamo tornati ‘in pista’ con un’asta di poster davvero unica per varietà e selezione del materiale – commenta Filippo Bolaffi, amministratore delegato di Aste Bolaffi – e mi fa piacere che questo evento sia stato segnato da un prestigioso record per un nostro grande autore. Il manifesto di Dudovich si inserisce a pieno titolo tra i più cari mai venduti al mondo”. L’asta, a cui hanno partecipato tramite il sito astebolaffi.it collezionisti da ogni parte del mondo, in particolare da Stati Uniti, Francia e Regno Unito, si è chiusa con un risultato totale di oltre 570mila euro diritti inclusi.

 

Sul podio dei top lot, al secondo posto si è posizionato un altro manifesto di Dudovich sempre di tematica automobilistica, la ricercata affiche del 1908 per la Società Torinese Automobili Elettrici, di cui si conoscono pochissimi esemplari (25mila euro diritti inclusi), mentre al terzo posto il manifesto di Umberto Di Lazzaro del 1933 per la Crociera aerea del decennale (17.500 euro diritti inclusi).