Autore: admin1356

AGI – Esplosione intorno alle 15 in una centrale idroelettrica del bacino di Suviana, nell’Appennino Bolognese. Al momento, si apprende di quattro ustionati gravi e sei dispersi.  Sul posto anche carabinieri e polizia locale di Camugnano e si sono alzati in volo tre mezzi dell’elisoccorso. Il bilancio è in corso di aggiornamento perché ci sarebbero ancora persone da portare fuori dall’impianto. Secondo le prime informazioni l’esplosione sarebbe avvenuta in un generatore collegato a una turbina

AGI – Lo schwa Roba già superata. La neoavanguardia del linguaggio ora s’affida all’Università di Trento, che ha introdotto ufficialmente il “femminile sovraesteso”. Cosa vuol dire? Che il rettore Flavio Deflorian è una “rettrice” (comunque magnifica), che ogni professore è una “professoressa”, ogni candidato una “candidata” e così via. Una “scelta simbolica”, ha precisato la rettrice Deflorian a beneficio degli sprovveduti che pensavano a una svista, a una burla o a una sbronza collettiva del Consiglio di amministrazione dell’ateneo trentino.

 

Dovendo stendere un Regolamento che non s’appesantisse con il terminologico raddoppio per parità di genere, il Consiglio ha pensato di tornare a declinare il testo in un unico genere. Come usava una volta, però al rovescio. Non più il patriarcale d’antan che metteva il maschile per tutti, ma un futuribile matriarcale dal sapore di vendetta per interposto vocabolario: “Cari ometti, se adesso vi sentite esclusi pensate a come ci siamo sentite noi per sì lungo passato”.

 

Ora, sarà solo un dettaglio, ma il Consiglio di amministrazione dell’Università di Trento, se non bastasse la rettrice Flavio Deflorian, risulta presieduto dalla presidente Daniele Finocchiaro e ha per componenti (meno male che è un plurale valevole per tutti) Massimo Gaetano Colombo, Ettore Cosoli, Andrea Del Mercato, cui s’aggiungono Irene Enriques, Paola Fandella e Sara Valaguzza nonché la presidente del Consiglio degli Studenti, Gabriele Di Fazio. Totale: 6 uomini su 9. Però basta cambiare il Regolamento e la parità è compiuta, anzi di più: sembrano tutti femmine. Basta coi fatti, contano le parole.

AGI – Liste d’attesa sempre più lunghe, ospedali senza medici al pomeriggio, sanità privata sempre più ricca. Sono queste le conseguenze che Maurizio Viecca, primario dell’ospedale Sacco, vede nella novità dell’obbligo di recuperare le ore lavorate in più introdotta dal nuovo contratto dei medici, in vigore da qualche settimana. “Faccio un esempio: se un medico lavora diverse ore in più al mese poi deve stare a casa a riposo – spiega all’AGI -. Visto che ogni medico accumula in media circa 20 ore in più al mese, magari perché lavora nel weekend o fa i turni di guardia, che sono obbligatori, significa che, quando tutti si metteranno a recuperare le ore extra, chiuderemo gli ospedali alle due del pomeriggio. Il pubblico ne avrebbe conseguenze rovinose, con le liste d’attesa che si allungherebbero pazzescamente ancora di più. Il privato diventerebbe ancora più ricco perché i pazienti, trovando chiusi gli ambulatori in orario pomeridiano, si rivolgerebbero altrove. Del resto, l’Italia è l’unico Paese europeo dove non ci si pone il problema di garantire prestazioni adeguate anche al pomeriggio “.

 

Secondo l’esperto cardiologo milanese, ci sono due soluzioni possibili per ovviare a questo problema: “O si aumenta il personale medico oppure si pagano gli straordinari che adesso vengono versati solo in casi particolari. La prima soluzione è la più difficile, considerando la penuria di medici oltre di infermieri, e anche la più onerosa. I medici italiani sono al penultimo posto nella classifica europea degli stipendi, peggio di noi c’e’ solo la Grecia”.

 

Cosa succedeva prima in caso di lavoro extra. “Non c’era una regola precisa, ognuno faceva un po’ quello che voleva – risponde Viecca -. Ora giustamente le amministrazioni sanitarie saranno obbligate a rispettare la nuova regola. Pensiamo se un paziente dovesse morire per un’ipotetica colpa medica. Interverrebbe la Procura ipotizzando che ciò sarebbe avvenuto perché il medico non ha riposato abbastanza qualora non avesse rispettato la regola del riposo. I danni di questa novità non li vedremo subito ma a mano a mano che si accumuleranno i riposi“. Il primario suggerisce un’altra possibilità per irrobustire la sanità: “Bisognerebbe dare la possibilità ai medici pensionati di fermarsi in ospedale. Come? Dandogli subito la liquidazione e pagandogli uno stipendio normale, ovviamente senza i contributi”