Autore: admin1356

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AGI – A 70 anni, 26 anni dopo la sua cattura in un bunker a Casal di Principe dove era con la moglie Giuseppina Nappa e le figlie, il capo dei Casalesi, Francesco Schiavone, noto con il soprannome di Sandokan, ha iniziato a collaborare con la giustizia. Il pentimento del boss, anticipato da un quotidiano locale, Cronache di Caserta, è confermato all’AGI da fonti degli inquirenti. Uomini delle forze dell’ordine avrebbero già proposto a parenti del capoclan di entrare nel programma di protezione.

Francesco Schiavone, negli anni ’80, è diventato il capo assoluto di una delle organizzazioni criminali campane più potenti economicamente e militarmente, con interessi ramificati in molte regioni. La sua ‘carriera’ inizia come autista del boss Umberto Ammaturo e con un arresto nel 1972 appena 18enne, per detenzione e porto di arma da fuoco, ma ben presto è stato uno dei protagonisti della guerra di camorra nel Casertano, diventando prima un affiliato al gruppo di Antonio Bardellino e Mario Iovine, leader nella Nuova Famiglia in lotta con la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, e poi il capo della faida interna che fece leva su Iovine (cui era stato ucciso il fratello Domenico per ordine di Bardellino) per eliminare il capoclan in Brasile nel 1988, prendendo subito dopo il controllo dei Casalesi.

Con Schiavone, inoltre, inizia l’infiltrazione del clan in diversi settori dell’economia legale e nella politica. Le sue rivelazioni potrebbero aiutare gli inquirenti non solo a ricostruire un pezzo di storia della camorra, individuando mandanti e autori di omicidi e agguati, ma anche a capire gli assetti attuali dei Casalesi. Schiavone ha avuto diverse condanne, anche per omicidio, la più nota delle quali all’ergastolo al termine del celebre processo Spartacus, ed è al regime di 41 bis, confermato nel gennaio 2018 dalla Cassazione che ha respinto una istanza di revoca presentata dai suoi legali.  Tra i familiari cui è stato offerto di entrare nel programma di protezione il figlio Ivahnoe. Prima di Sandokan, avevano decido di collaborare con la giustizia i figli Nicola, nel 2018, e poi il secondogenito, Walter, nel 2021.

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AGI – Il relitto di un aereo della Luftwaffe che trasportava truppe e mezzi verso il Nordafrica per l’Afrika Korps del Feldmaresciallo Erwin Rommel è stato individuato sui fondali al largo di Bastia, in Corsica. La scoperta è stata resa possibile dall’uso del Rov, lo strumento di ispezione subacquea pilotato da remoto, da parte dell’ingegnere italo-svizzero Guido Gay, noto per aver portato alla luce numerosi relitti a profondità abissale, fra cui anche quello della Corazzata Roma. A 500 metri di profondità sono stati individuati i resti di un Messerschmitt Me 323 Gigant, costruito in soli 200 esemplari, un gigantesco velivolo da trasporto che la Luftwaffe impiegò nel corso del secondo conflitto mondiale per inviare truppe e rifornimenti in Africa. L’attività degli Me 323 era stata individuata da tempo dal controspionaggio alleato grazie alle decrittazioni ‘Ultra’.

Ciò ha consentito numerosi abbattimenti da parte dell’aviazione angloamericana, avvenuti in diversi teatri del Mar Mediterraneo, con i caccia pesanti Bristol Beaufighter. Anche l’aereo scoperto da Guido Gay fu abbattuto in una di queste azioni di intercettazione. 

 

Il ricercatore marino ed esperto in documentazioni storiche Massimo Bertoni ha inoltre scoperto un importante documento del primo Gruppenfhurer Storm della Luftwaffe, datato 12 ottobre 1943, in cui si fa preciso riferimento dell’azione che ha portato all’abbattimento dell’aereo. Il rapporto tedesco cita il decollo di due Me 323 carichi di veicoli militari la sera del 30 settembre di quell’anno dall’aeroporto di Bastia. Dopo pochi minuti, a circa 12 miglia nautiche dalla costa dell’isola francese, i due “Gigant” sono stati presi di mira da velivoli alleati che hanno concentrato il loro fuoco particolarmente su uno dei due Me 323, quello abbattuto, mentre l’altro è riuscito piuttosto malconcio a rientrare alla base di partenza.

 

 

Dotato di sei motori radiali, di un’apertura alare di 55 metri e di una lunghezza di quasi 29 metri, il Gigant Me 323 aveva un’autonomia operativa di circa 1300 km ed era in grado di trasportare fino a 120 uomini o un carico equivalente fra cui veicoli pesanti fino a 12 tonnellate. La velocità massima raggiungibile dall’aereo era di 250 km/h. Era armato con 7 mitragliatrici MG da 13 mm e due cannoncini antiaerei. Guido Gay ingegnere laureato al Politecnico di Milano nel 1964, di origine piemontese, nazionalità italiana e svizzera, è particolarmente noto come “inventore” ideatore progettista e costruttore in svariati campi della tecnica. Appassionato velista e marinaio, nei primi anni ’70 ha iniziato a studiare veicoli sottomarini teleguidati inserendosi nella storia come pioniere di questa tecnica.