Autore: admin1356

AGI – Tre rarissime monete dell’antica Roma fanno parte di una collezione che andrà all’asta a Zurigo a maggio e in ottobre: si tratta di un raro sesterzio con raffigurato l’imperatore Adriano celebrato dalle legioni stazionate in Britannia nel 122 d.C., un sesterzio di Agrippina ordinato dal figlio imperatore Caligola per commemorarne la morte e di una moneta ‘Judea Capta’ di Vespasiano, creata per celebrare la vittoria della prima guerra ebreo-romana nel 74 d.C. I tre pezzi fanno parte della Cope Collection, dal nome del collezionista Geoffrey Cope, comprensiva di 170 monete dell’antica Roma e di 800 monete antiche britanniche, ora in procinto di essere messa all’asta dal figlio con la collaborazione di Numismatica Ars Classica, Classical Numismatic Group e Numismatica Genevensis. La moneta di Adriano, che sarà battuta a giugno, era stata esposta per molti anni al British Museum di Londra e fu commissionata dall’imperatore dopo il completamento del Vallo a lui intitolato, nel 130 d.C. Sempre a giugno andrà all’asta un trio di monete raffiguranti re britannici tra cui la ‘Petition Crown’ del 1633 di Carlo II, il cui valore è stimato in 750mila dollari, realizzata da un’abilissimo intagliatore per perorare la propria conferma quale unico incisore ufficiale della zecca reale e in cui sono visibili persino le vene sul collo del sovrano. L’altra moneta sono il Testoon di Enrico VIII del 1544 e quella di re Carlo I raffigurato a Oxford durante la guerra civile, realizzata nel 1644. “Queste monete non sono solo spettacolari per la realizzazione artistica di momenti importanti per la storia dell’antica Roma e della monarchia britannica – ha sottolineato il direttore di Numismatica Ars Classica, Arturo Russo – ma anche per il loro ‘pedigree’. Siamo entusiasti di offrire ai collezionisti la possibilità di comprare un pezzo di Storia”. 

AGI – Nel primo anno di attività, la nave di Emergency Life Support ha soccorso 1.219 naufraghi: 846 uomini, 101 donne di cui 7 in stato di gravidanza, 216 minori non accompagnati e 56 minori accompagnati. I nuclei familiari sono stati 43. Sono i dati raccolti da Emergency in un bilancio del suo primo anno di attività con la sua nave contenuti nel report ‘Non restare a guardare. Un anno di soccorsi in mare della Life Support’.

 

Le persone soccorse provenivano da Bangladesh (148), Siria (142), Costa d’Avorio (106), Egitto (106), Pakistan (96), Eritrea (59), Guinea Conakry (59), Etiopia (55), Mali (56), Senegal (55), Sudan (52), Camerun (49), Gambia (48), Nigeria (36), Somalia (29), Tunisia (27), Guinea Bissau (23), Libia (18), Benin (10), Ciad (9), Sierra Leone (8), Sud Sudan (5), Burkina Faso (5), Marocco (4), Palestina (4), Congo (4), Mauritania (3), Liberia (2) e Algeria (1).

 

Tra questi, diversi sono i Paesi colpiti da conflitti come il Sudan e la Siria e da instabilità e crisi economiche come la Libia, la Sierra Leone, l’Egitto e la Tunisia. Oltre a Paesi che negli ultimi mesi hanno vissuto forti instabilità come il Sud Sudan e il Ciad. Le persone soccorse dalla Life Support hanno raccontato ai mediatori culturali di avere subito abusi, torture e gravi violazioni dei loro diritti, di essere state vittime di estorsioni e sfruttamento. “In Libia non ci sono diritti per i migranti, possono ucciderti per strada e a nessuno importa. Ma anche in Tunisia c’è molto razzismo contro i neri. A Sfax attaccano spesso noi africani subsahariani” è la testimonianza di un ragazzo di 24 anni soccorso dalla Life Support”.

 

“Sono andata via da sola dal mio Paese, il Camerun. Sono arrivata in Tunisia passando per il deserto dell’Algeria. Durante il viaggio sono stata violentata dagli uomini che avevo pagato per portarmi in Tunisia. Succede a moltissime donne – è il racconto di una ragazza di 28 anni -.

 

In Tunisia ho raccolto i soldi per il viaggio in mare. In quei mesi non sono mai potuta andare da un dottore perché’ ero senza documenti. Solo una volta salita sulla Life Support, ho potuto fare un test di gravidanza. In quel momento ho scoperto di essere incinta di tre mesi.”

 

Dal dicembre 2022 al dicembre 2023, la Life Support ha portato a termine 24 operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale, la rotta migratoria più pericolosa al mondo, percorrendo quasi 40.000 km per 105 giorni in totale. Per raggiungere i porti lontani la Life Support ha percorso in media 630 miglia nautiche, impiegando 3,5 giorni di navigazione a missione. Per questi giorni di navigazione non necessari Emergency ha dovuto sostenere una spesa di 938.248 euro.

 

“La presenza in mare ci ha permesso di vedere in modo diretto gli effetti che le politiche migratorie hanno avuto sulle attività delle Ong che si occupano di ricerca e soccorso. Il loro operato continua a essere criminalizzato e ostacolato. – commenta Carlo Maisano, coordinatore della Life Support – Il decreto Piantedosi, insieme all’assegnazione del porto lontano e alle detenzioni amministrative, ha sottratto tempo prezioso al soccorso e alla tutela della vita di chi è in mare.”

 

Progetto fortemente voluto da Gino Strada, la Life Support fa parte della “flotta civile” e riporta il diritto alla vita al centro del dibattito sulla migrazione. Nel 2023 la Life Support non ha ricevuto fermi amministrativi ma per effetto del cosiddetto decreto Piantedosi, successivamente convertito in legge, sono state disposte 14 detenzioni amministrative che hanno colpito gli assetti di altre Ong. Il decreto Piantedosi ha avuto un impatto fortemente negativo per le persone che hanno tentato di attraversare il Mediterraneo e per le attività delle Ong. Tra gli effetti, c’è stata la quasi impossibilità di effettuare soccorsi multipli perché viene richiesto che le navi raggiungano il porto di sbarco assegnato dalle autorità senza ritardo.

 

Da dicembre 2022 a fronte di 10 soccorsi multipli coordinati dalle autorità italiane, 42 segnalazioni di casi di distress notificati dalla Life Support dopo la sua prima operazione di salvataggio hanno ricevuto una risposta negativa o nessuna risposta dal Centro di coordinamento italiano dopo l’assegnazione di un porto di sbarco.

 

Emergency ha anche osservato come nel Mediterraneo centrale continuino i casi di omissione di soccorso. Per esempio, le autorità di Malta non rispondono alle segnalazioni di distress via e-mail o al telefono e “istruiscono navi mercantili per monitorare e, in rari casi, soccorrere le imbarcazioni in pericolo”. Il team della Life Support è composto da un totale di 28 persone di cui 9 marittimi, 17 persone dello staff Emergency e 2 posti a disposizione per eventuali necessità a bordo. Il gruppo sanitario è formato da 2 infermieri e 1 medico ed è affiancato da 2 mediatori culturali. La squadra ha esperienza in contesti umanitari e sanitari complessi. In 15 missioni, nell’ambulatorio della Life Support sono stati visitati 112 pazienti tra cui 32 donne e 20 minori di 18 anni. Le principali cause di accesso all’ambulatorio sono state le ustioni seguite da traumi, malattie infettive, patologie della pelle e necessità ginecologiche e ostetriche. 

AGI – “Oggi è stato firmato un atto di guerra nei confronti della città di Bari. Il ministro Piantedosi mi ha comunicato telefonicamente che è stata nominata la commissione di accesso finalizzata a verificare una ipotesi di scioglimento del Comune”. Lo ha scritto sui social il sindaco di Bari, Antonio Decaro.

“L’atto – come un meccanismo a orologeria – segue la richiesta di un gruppo di parlamentari di centrodestra pugliese, tra i quali due viceministri del Governo e si riferisce all’indagine per voto di scambio in cui sono stati arrestati tra gli altri l’avvocato Giacomo Olivieri e la moglie, consigliera comunale eletta proprio nelle file di centrodestra”, ha spiegato Decaro nel suo post sui social. “È un atto gravissimo, che mira a sabotare il corso regolare della vita democratica della città di Bari, proprio (guarda caso) alla vigilia delle elezioni”, ha scritto ancora il sindaco. “Elezioni che il centrodestra a Bari perde da vent’anni consecutivamente – ha ricordato -. Per le quali stenta a trovare un candidato e che stavolta vuole vincere truccando la partita”. E rincara: “Ha avuto dunque più valore la pressione politica del centrodestra barese che fatti, denunce, documenti, testimonianze. Si tratta di una vicenda vergognosa e gravissima, che va contro la città, contro i cittadini perbene, contro il sindaco. A questa aggressione io mi opporrò con tutto me stesso, come mi sono opposto ai mafiosi di questa città”.

Il primo cittadino ha spiegato che “è giusto che si sappia che negli scorsi giorni mi è stato richiesto di raccogliere tutte le attività svolte dal Comune di Bari contro la criminalità organizzata”. Si tratta di 23 fascicoli consegnati ieri mattina al prefetto di Bari “contenente le attività svolte dal Comune contro la criminalità organizzata in questi anni. È evidente, vista la rapidità con cui è giunta la notizia della nomina della Commissione, che nessuno si è curato di leggere quelle carte (“Se gli uffici del Ministero non hanno ritenuto di leggere le carte che ho consegnato, le farò leggere ai cittadini. E come ho sempre fatto, lascerò che siano loro a giudicare”, ha aggiunto)”. Decaro ha sottolineato come abbia “avuto dunque più valore la pressione politica del centrodestra barese che fatti, denunce, documenti, testimonianze. Si tratta di una vicenda vergognosa e gravissima, che va contro la città, contro i cittadini perbene, contro il sindaco. A questa aggressione io mi opporrò con tutto me stesso, come mi sono opposto ai mafiosi di questa città”. E conclude: “Incuranti delle parole del Procuratore distrettuale antimafia che in conferenza stampa ha detto testualmente: “l’amministrazione comunale di Bari in questi anni ha saputo rispondere alla criminalità organizzata”, gli stessi soggetti che nel 2019 hanno portato in Consiglio Comunale due consiglieri arrestati per voto di scambio, ora spingono per lo scioglimento di un grande capoluogo di regione, evento mai successo in Italia, nemmeno ai tempi dell’inchiesta su Mafia Capitale”. Decaro infine ha scritto: “Fosse l’ultimo atto della mia esperienza politica. Non staro’ zitto. Non assisterò in silenzio a questa operazione di inversione della verità e di distruzione della reputazione di una amministrazione sana e di una intera città”. 

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