Autore: admin1356

AGI –  “La prima causa di morte dei nostri giovani è l’incidente stradale. Un dato impressionante, assieme a quello che evidenzia 3200 morti all’anno per incidenti stradali. È come se un paese in Italia sparisse ogni anno dalla cartina geografica”. Lo ha detto il prefetto Renato Cortese, direttore centrale delle specialità della Polizia di Stato, intervenendo all’evento “Il contrasto della guida sotto l’effetto di stupefacenti” in corso presso la sede del compartimento della polizia stradale per il Lazio e l’Umbria, in via Magnasco a Roma.

 

È come se un paese in Italia sparisse ogni anno

 

“La riduzione dell’incidentalità stradale – ha proseguito il prefetto Cortese – richiede strategie di prevenzione, mirate, trasversali e convergenti che possono essere perseguite solo mettendo a fattor comune lo sforzo di tutti gli attori interessati. La sinergia collaborativa e lo scambio informativo, consentono di rafforzare la competenza di ciascuno e l’efficacia dei modelli operativi e delle campagne di sensibilizzazione che siamo chiamati ad attuare”.

“Quello della guida sotto l’effetto degli stupefacenti – ha concluso – è un tema, purtroppo, di permanente attualità, che attraversa trasversalmente diverse fasce della popolazione. E le conseguenze antisociali di questi comportamenti antisociali impattano pesantemente sulla sicurezza pubblica, mettendo seriamente in pericolo la vita delle persone”. 

AGI – “La natalità e la salute riproduttiva riguarda tanto la donna quanto l’uomo. La denatalità e l’invecchiamento demografico sono ormai un’emergenza che richiede interventi concreti, e questo Governo si sta finalmente sta lavorando”. Lo ha rilevato il ministro della Salute Orazio Schillaci, nel suo intervento al convegno ‘La Natalità: una questione di coppia’.

 

“Il sostegno alle famiglie e alle nascite non è uno slogan, siamo passati ai fatti. Ma la sfida non è facile – ha aggiunto il ministro – siamo di fronte a un fenomeno estremamente complesso. Le coppie rinunciano ad avere bambini e sempre più spesso le donne abbandonano il sogno di diventare mamme già da giovanissime. Le cause possono essere molteplici: una condizione economica sfavorevole, la paura di perdere il posto di lavoro, l’assenza di una reale consapevolezza della propria fertilità, che per una donna è all’apice tra i 20 e i 30 anni”. 

 

“Parliamo quindi di ragioni economiche, sociali, culturali, che spesso si intrecciano, e che affondano le loro radici nell’assenza di investimento su un welfare a sostegno della genitorialità e che oggi si ritrova con un tasso di fertilità tra i più bassi d’Europa, seguito solo da quelli di Spagna e Malta – ha spiegato il ministro Schillaci – dopo il picco negativo raggiunto nel 2022, quando per la prima volta dall’Unità d’Italia si è scesi a meno di 400mila nati, i dati del primo semestre 2023 hanno mostrato a livello nazionale un ulteriore calo di 3.500 nascite. Per questo il ministero della Salute ha avviato un forte impegno nel campo della prevenzione, dell’informazione e a tutela della salute. Sappiamo che per invertire la rotta ci vorrà del tempo, ma il tavolo tecnico sugli stili di vita per favorire la fertilità, che abbiamo voluto istituire e che si è insediato lo scorso luglio, sta già lavorando a numerose iniziative”.

 

Tra le proposte, “anche la realizzazione di un cortometraggio rivolto a ragazze e ragazzi fra i 15 e 25 anni per spiegare quali siano le abitudini comuni che proteggono o al contrario mettono a rischio la salute riproduttiva – ha sottolineato – Credo sia fondamentale offrire ai giovani la possibilità di riflettere sulla complessità e le conseguenze delle proprie scelte quotidiane, dei comportamenti salutari o meno che si adottano. Nelle scuole e nelle università saranno inoltre promossi incontri, sulla base di documenti scientifici, per illustrare la relazione tra stili di vita e fertilità – ha concluso – anche in diversi atenei italiani specializzati nelle professioni sanitarie saranno organizzati presentazioni e dibattiti”.

AGI – Ricorre oggi l’undicesimo anno di pontificato per Papa Francesco. Un pontificato segnato dal dolore per le guerre. Sono oltre 130 gli appelli che Jorge Mario Bergoglio, scrive Vatican News, ha espresso dal 13 marzo 2023 a oggi per l’Ucraina, più di 60 quelli per il Medio Oriente e la popolazione di Gaza.

 

Non c’è stato Angelus, Regina Caeli o udienza generale in cui il Papa abbia mancato il riferimento alla guerra, ribadito la vicinanza alle popolazioni colpite o invocato la pace e il coraggio del negoziato quale esercizio di saggezza che impedisca il prevalere degli interessi di parte, tuteli le legittime aspirazioni di ognuno e faccia cessare la “follia” della guerra.

 

A volte sono stati appelli vigorosi – voluti pronunciare pure quando la voce, a causa di bronchiti o influenze ricorse più volte in questi mesi, non lo permetteva – o spesso brevi chiose, fugaci memorandum o campanelli d’allarme per non far subentrare l’abitudine o il cinismo per cui anche il dramma di un attacco missilistico su scuole e abitazioni è declassato a “notizia di aggiornamento”. La speranza di una pace giusta e duratura è stato ed è sempre l’unico sottofondo alle parole del Papa susseguitesi in questo undicesimo anno di pontificato, che vale la pena ripercorrere in tempi di rielaborazioni e strumentalizzazioni del suo pensiero o a fronte di accuse di “equivicinanza” che, come ha puntualizzato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, è sempre stato “lo stile” della Santa Sede.