AGI – Si’ alla demolizione della ex centrale termonucleare di Montalto di Castro. Lo ha deciso il Tar del Lazio, rigettando il ricorso presentato nel 2018 da Enel Produzione spa contro i provvedimenti che il Comune di Montalto di Castro, ha adottato al fine della demolizione delle strutture dell’ex centrale assumendone la “sopravvenuta illegittimità-illiceità edilizia, in conseguenza del venir meno del programma nucleare nazionale, per effetto del referendum del 1987, nell’ambito del quale era stata autorizzata la sua realizzazione”.
Nella sentenza, depositata oggi dalla sezione seconda bis, Il Tar rileva che “resta fermo il dovere delle parti di prestarsi reciproca leale cooperazione di buona fede nell’esecuzione dell’ordinanza di demolizione e degli altri atti impugnati, assicurando ogni opportuna iniziativa, con oneri a carico di Enel, per attuare il recupero urbanistico ed edilizio del comprensorio secondo i fini stabiliti dall’ente locale e con le modalità necessarie a prevenire l’aggravamento delle condizioni dei luoghi che la stessa Enel ha prospettato”.
“L’abrogazione della disciplina legittimante insieme alla previsione di un istituto transitorio volto alla riconversione di ciò che era stato intanto realizzato e fabbricato – osservano i giudici amministrativi – compongono una fattispecie normativa complessa che ha definito compiutamente l’assetto degli interessi pubblici coinvolti. Questi ultimi sono evidentemente quelli di natura produttiva e aziendale; ma anche quelli di natura urbanistica e territoriale. Infatti, poiché l’abrogazione trova titolo e causa nel referendum, che era volto a impedire la prosecuzione del programma nucleare italiano; e poiché le procedure speciali di autorizzazione ministeriale all’esecuzione dei lavori di realizzazione della centrale nucleare dipendevano funzionalmente da tale programma, è evidente che non solo è venuto meno il presupposto per l’apertura e il funzionamento della centrale nucleare, ma anche, sul piano urbanistico, la causa legittimante il mantenimento in essere delle relative strutture, che erano funzionali (e quindi vincolate) all’esercizio dell’attività (ormai interdetta)”. Per questo, si legge ancora nella sentenza, “i volumi realizzati (a suo tempo legittimamente) e non recuperati ad altre funzioni (produzione di energia con altre fonti non nucleari), sono divenuti privi di titolo a tutti gli effetti e quindi abusivi”.
Quanto poi “agli argomenti secondo i quali sarebbe l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione a costituire un pericolo per l’ambiente qualora si addivenisse alla sua attuazione invece che alla proposta riqualificazione secondo il progetto che Enel ha presentato nelle more del presente giudizio – conclude la sentenza – si tratta a ogni evidenza di questioni che attengono alla fase applicativa delle misure impartite dal Comune e andranno valutati tra le parti, secondo buona fede, in tale fase”.
Enel “proporrà ricorso. È la posizione dell’azienda che al riguardo precisa che le opere interessate dal provvedimento di demolizione sono state all’epoca legittimamente realizzate in forza di apposita legge e previa autorizzazione, a livello sovracomunale, delle competenti Autorità (delibera CIPE, delibera Regione Lazio, decreto ministeriale). L’esito del referendum del 1987 ha impedito la prosecuzione di dette opere, ma non ha influito sulla legittimità di quanto realizzato”. In ogni caso, aggiunge la società, “ogni definitiva valutazione sulla destinazione di dette opere non potrebbe che essere assunta con il necessario coinvolgimento di tutte le Amministrazioni Pubbliche interessate. Enel confida, pertanto, nella riforma della sentenza da parte del Consiglio di Stato”.