Autore: admin1356

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AGI – “I medici ci dissero: ‘Sandra è giovane, è forte…c’è la possibilità di donare gli organi, di dare una speranza di vita a tante persone’. Mio padre inizialmente non era favorevole, ma semplicemente perché era ancora attaccato ad una speranza. Mia mamma invece la vedeva come una possibilità di dare un senso a quell’incubo, all’inferno in cui eravamo sprofondati”.  A parlare all’AGI è Stefano Spadaro, fratello di Sandra, 34enne “amante della vita” morta con un aneurisma a Modica e per la quale i suoi genitori hanno chiesto l’espianto degli organi, il 25 febbraio scorso.  “Questa scelta però non è semplice, va presa in poco tempo perché il tempo è prezioso. Ti porta a pensare – racconta Stefano – in un momento in cui la tua vita è distrutta, che devi dare un’ulteriore supplizio alla persona che ami. Ed allora la richiesta di mio papà, di poter un giorno abbracciare la persona che avrà in dono parte di mia sorella, un suo pezzo di vita. Questa oramai era l’unica consolazione”. Da qui l’appello: “Mia sorella ha donato i polmoni che sono andati a Padova, ha donato fegato, reni e cornee che sono andati all’ISMETT di Palermo. Qualche voce arrivata ci diceva che sarebbero serviti a dare una speranza di vita ad un ragazzo o ragazza di 34 anni come lei. Per noi sembrava avere un senso, una piccola luce in quel buio in cui eravamo sprofondati. Io ho fatto una promessa ai miei genitori guardandoli negli occhi. Sandra vive in loro e continua a crescere con loro. Avevo anche provato a scrivere un bigliettino con i miei dati, ma purtroppo non potevano accettarlo. La legge italiana è rigida in merito a questa possibilità. Non ha mezze misure, e per chi vive quei drammatici momenti, per chi deve fare delle scelte difficili, quelle mezze misure non vanno bene. Nessun obbligo, ma solo una piccola apertura da entrambe le parti qualora lo vogliano, qualora desiderino sapere chi c’era dietro quella speranza di vita. Da qui il mio appello, che possa arrivare vicino alle persone che hanno ricevuto il lascito di mia sorella, con la speranza che il loro percorso seppur consapevolmente difficile, possa dargli una vita da vivere. E tutto questo senza mia sorella, senza il coraggio mio e dei miei genitori non sarebbe mai accaduto. Sandra era vita, era un sorriso che ti scaldava il cuore. Ora rimarrà il nostro ricordo più bello, il nostro dolore più grande”. 

 

 

Un appello che scalda il cuore e offre uno spaccato sulla 34enne modicana. “Sandra aveva un modo così empatico che sarebbe riuscita a vendere la sabbia agli arabi. Tutto quello che ha fatto, ha avuto sempre un filo continuo: il suo sorriso. Lei sorrideva a tutti – spiega Stefano Spadaro -, anche a chi magari non le andava a genio. Decisa, non la mandava a dire a nessuno, però non portava rancore, per lei non c’era tempo da perdere in queste emozioni sterili. Era così. Una gran lavoratrice, una giovane donna che secondo me desiderava l’amore e magari una famiglia”.

 

Poi improvvisamente il buio. “In 10 minuti la vita sua e la nostra si fermano. Tutto l’ingranaggio che ti sembra indistruttibile, scopri che è fatto di sabbia. La telefonata a mio zio per chieder aiuto, le ambulanze, la corsa in ospedale. In attesa di un trasporto in elicottero a Catania che non arriverà mai. La situazione è grave, troppo. Così ci dicono i medici. Io non mi capacito, arrivo da Torino all’una di notte di venerdì 23 febbraio e vedo gli occhi dei miei genitori smarriti. Da lì due giorni di finte speranze, i medici con me erano stati chiari. I miei genitori però avevano bisogno di un aiuto in più per capire, una speranza in più per credere ancora. E questo è stata la nostra penitenza, avere la nostra Sandra in quel letto, un cuore che batte ma la sua testa spenta, per sempre. Questa è la cosa più dura da accettare. Lo è per un genitore che sta perdendo un figlio, lo è per un fratello che sta perdendo la sua amata sorellina. Lo è per me infermiere che, nella carriera, ha aiutato tante persone, ma che non può fare assolutamente niente per mia sorella. Sarà il mio fardello – conclude il fratello -, quel senso di impotenza che mi porterò a vita. Oggi vorremmo solo conoscere loro, chi permetterà a mia sorella di vivere per sempre”.