A metà della seconda giornata di collocamento, 74.103 contratti
Autore: admin1356
AGI – “Stiamo raccogliendo e verificando le dichiarazioni dei superstiti e abbiamo già fatto i primi accertamenti presso la ditta Quafrifoglio Group, a Partinico. In corso anche approfondimenti per verificare se siano stati adottati le adeguate tutele e i dispositivi di sicurezza”.
Così il capo della Squadra mobile di Palermo, Marco Basile, parlando ai cronisti sul luogo in cui ieri 5 operai sono morti a Casteldaccia, nella vasca dell’impianto di acque reflue lungo via Nazionale, sulla Statale 113. Le indagini sono coordinate dalla procura della Repubblica di Termini Imerese, guidata da Ambrogio Cartosio, che ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di omicidio colposo plurimo, al momento a carico di ignoti. Al centro l’aspetto del mancato uso delle protezioni, mascherine comprese.
Letali, infatti, sono state le esalazioni di idrogeno solforato respirate dagli operai mentre eseguivano un intervento di manutenzione alla rete fognaria. Sentito anche il direttore dei lavori che doveva controllare l’intervento di manutenzione. L’area del cantiere è stata posta sotto sequestro su disposizione dell’autorità giudiziaria. Un sesto operaio si trova ricoverato al Policlinico di Palermo e le sue condizioni sono definite critiche.
“Condizioni stabili nella loro gravità”. Lo affermano ad AGI fonti del Policlinico di Palermo dove è ricoverato Domenico Viola, 62enne di Partinico, in terapia intensiva, intubato e in ventilazione, per il gravissimo distress respiratorio, collega dei cinque operai morti ieri in una vasca dell’impianto di sollevamento delle acque reflue a Casteldaccia. Nei suoi polmoni acque reflue e idrogeno solforato prodotto dalla fermentazione dei liquami. Tutti gli operai non avrebbero avuto le protezioni necessarie, neppure le mascherine.
“Desidero esprimere ai familiari delle vittime e dei feriti i miei più sentiti sentimenti di vicinanza e di cordoglio, anche a nome dell’intera Chiesa palermitana, nonché la viva partecipazione al dolore delle città coinvolte e, in particolare, di Casteldaccia”. Lo afferma l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice. In queste ore “particolarmente drammatiche, sento di far giungere un forte appello alla sicurezza sui luoghi di lavoro, auspicando un maggiore impegno di quanti hanno la responsabilità – legislatori, imprese, organizzazioni e associazioni di categoria – di tutelare i lavoratori. Queste morti, come anche gli infortuni, sono – aggiunge don Corrado – una sconfitta sociale, una profonda ferita del corpo sociale, riguarda tutti, non solo le imprese o le famiglie coinvolte. Dobbiamo sentire queste morti, far nostro questo dolore, ‘con-patirlo’, sentirlo nelle nostre viscere, portarlo insieme a quanti ora ne sono schiacciati. Dobbiamo cambiare. Tutti. Non possiamo abituarci agli incidenti sul lavoro, ne’ rassegnarci all’indifferenza verso gli infortuni. La nostra gratitudine va a tutti coloro che si sono adoperati nelle operazioni di soccorso. A tutti assicuro la mia preghiera e la mia benedizione in segno di vicinanza affettiva e spirituale”.
Solo 68 ispettori del lavoro in Sicilia per 400 mila imprese, a fronte di un fabbisogno di almeno 280. È uno dei nodi principale del lavoro che uccide e che ieri ha provocato la morte di cinque operai a Casteldaccia, seza protezioni, senza mascherine, senza formazione adeguata. In queste condizioni stavano eseguendo lavori all’impianto di sollevamento delle acque reflue da cui si sono sprigionati gas tossici, idrogeno solforato che non ha dato scampo ai lavoratori inermi perché non protetti.
Stamane a Palermo presidio davanti alla prefettura per chiedere una stretta sui controlli. Si calcola, affermano i sindacati, che con questi numeri sugli ispettori del lavoro, è possibile solo un controllo ogni 18 anni alle imprese. “Fermate questa guerra, questa carneficina”, si grida in strada.
Tra le vittime anche un interinale che non sarebbe dovuto essere lì, viene detto, durante il sit-in indetto dalle segreterie provinciali di Fillea, Filca, Feneal che hanno proclamato uno sciopero di 8 ore che si affianca a quello generale di 4 ore proclamato da Cgil, Cisl e Uil per tutti gli altri settori: “Proseguiremo a oltranza con le mobilitazioni, per rivendicare la sicurezza nei cantieri”, annunciano, gli operai a Casteldaccia stavano svolgendo un lavoro pericoloso, non riusciamo a capire come mai non siano stati previsti tutti gli accorgimenti necessari per interventi dove possono verificarsi fuoriuscite di gas nocivi, pericolosi per l’incolumità pubblica”.
Per di più “non erano stati formati adeguatamente ed è irregolare anche il ricorso al lavoro interinale e quasi tutti erano sotto-inqradrati rispetto alle mansioni assegnate. Chiediamo al prefetto (che ieri si è recato sul luogo della tragedia, ndr.) di sollecitare l’intervento delle istituzioni e il tavolo su salute e sicurezza che da tempo chiediamo”.
Quattro delle vittime sono operai della Quadrifoglio di Partinico – dove gli investigatori hanno sequestrato documenti – tra cui il titolare della ditta; l’altro era un interinale, un lavoratore in somministrazione in missione presso Amap: Epifanio Alsazia, 71 anni, contitolare della ditta; Giuseppe Miraglia 47 anni, Roberto Raneri, di 51 anni, Ignazio Giordano, di 57 anni e Giuseppe La Barbera.
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AGI – Ventotto bambini tra i 3 e i 5 anni sono rimasti leggermente intossicati a Milano dopo aver inalato vapori all’interno delle piscine ‘Jacaranda” di via Procaccini 69. Lo riferiscono i vigili del fuoco. Attorno alle 11.14 nell’impianto è intervenuto personale del nucleo Nbcr del comando di Milano, impegnato nelle opere di bonifica e negli accertamenti per individuare le cause dell’intossicazione.
I piccoli sono stati radunati in un’area di triage allestita da Croce Rossa e sono stati visitati dai sanitari. Dai controlli non presentano particolari problemi e sono tutti in codice verde.
Un’occasione per ricordare il problema dell’inquinamento luminoso
AGI – “È tra i più grandi ordigni rinvenuti sul territorio nazionale. È attivo e presenta tre congegni. La rimozione sarà una vera e propria operazione chirurgica. Abbiamo stimato un intervento di cinque ore”. Lo afferma il capitano dell’Esercito Luigi Prencipe, del team degli artificieri presenti a Viterbo per il disinnesco di una bomba della Seconda guerra mondiale dal peso di circa 2000 chili. In occasione delle operazioni 36 mila persone sono state evacuate.
“La bomba è stata ribattezzata ‘lady Rose’, in onore di Santa Rosa, patrona della città”, ha aggiunto l’artificiere. “Anche in passato era stato rinvenuto un ordigno simile a Viterbo. Se non ne sono esplose due, significa che Santa Rosa ha protetto questa città. Se fosse esplosa, non conosceremmo Viterbo così com’è oggi”. “Gli artificieri si impegnano quotidianamente sul territorio nazionale per la rimozione degli ordigni e per garantire la sicurezza dei cittadini”, ha ricordato Prencipe. “Studiamo continuamente le procedure e l’Esercito ci dà una formazione completa. La paura È un sentimento che rispettiamo, perché ci fa muovere in maniera coscienziosa”.