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AGI – Il giudice Monocratico di Roma ha condannato a 8 mesi due ragazzi e una giovane, poco più che 20enni, accusati per il blitz avvenuto il 2 gennaio 2023 quando, il gruppo di ‘Ultima Generazione’, aveva lanciato della vernice lavabile sulla facciata del Senato. Il pubblico ministero Mario Pesci aveva sollecitato nei confronti dei tre la pena di 1 anno di reclusione con pena sospesa a condizione del ripristino dei luoghi e del risarcimento del danno. Il reato contestato era il danneggiamento aggravato.

 

“Scegliere un palazzo che risale al 1400 e non il ‘Serpentone’ di Corviale è un elemento di dolo che va tenuto presente – ha detto il pm nel corso della requisitoria -. Un fatto commesso con violenza e che ha provocato danni considerevoli: l’ingresso è stato interrotto per 30 minuti e sono servite decine di migliaia di euro per il ripristino. Non ho trovato un elemento a discarico degli imputati per il danneggiamento e non ci sono gli estremi per le attenuanti generiche non essendoci alcun ravvedimento”. Il Senato, il Ministero della Cultura e il Comune di Roma – che si sono costituiti parte civile -, hanno chiesto un totale di 190 mila euro di risarcimento danni. Il giudice ha accordato invece il pagamento di una provvisionale da 60 mila euro totali. Prima del processo c’è stato un piccolo sit-in fuori da piazzale Clodio a sostegno dei ragazzi.

 

Gli imputati sono stati accolti da un applauso dagli attivisti che li attendevano fuori dal tribunale. “Si tratta di cittadini che hanno agito a tutela dell’ambiente, come prescrive la Costituzione. L’accesso al Senato non è mai stato inibito e il materiale usato era stato scelto per non arrecare danni. Presenteremo appello”, afferma il difensore degli attivisti di Ultima generazione, l’avvocato Cesare Antetomaso.

 

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AGI – “I medici ci dissero: ‘Sandra è giovane, è forte…c’è la possibilità di donare gli organi, di dare una speranza di vita a tante persone’. Mio padre inizialmente non era favorevole, ma semplicemente perché era ancora attaccato ad una speranza. Mia mamma invece la vedeva come una possibilità di dare un senso a quell’incubo, all’inferno in cui eravamo sprofondati”.  A parlare all’AGI è Stefano Spadaro, fratello di Sandra, 34enne “amante della vita” morta con un aneurisma a Modica e per la quale i suoi genitori hanno chiesto l’espianto degli organi, il 25 febbraio scorso.  “Questa scelta però non è semplice, va presa in poco tempo perché il tempo è prezioso. Ti porta a pensare – racconta Stefano – in un momento in cui la tua vita è distrutta, che devi dare un’ulteriore supplizio alla persona che ami. Ed allora la richiesta di mio papà, di poter un giorno abbracciare la persona che avrà in dono parte di mia sorella, un suo pezzo di vita. Questa oramai era l’unica consolazione”. Da qui l’appello: “Mia sorella ha donato i polmoni che sono andati a Padova, ha donato fegato, reni e cornee che sono andati all’ISMETT di Palermo. Qualche voce arrivata ci diceva che sarebbero serviti a dare una speranza di vita ad un ragazzo o ragazza di 34 anni come lei. Per noi sembrava avere un senso, una piccola luce in quel buio in cui eravamo sprofondati. Io ho fatto una promessa ai miei genitori guardandoli negli occhi. Sandra vive in loro e continua a crescere con loro. Avevo anche provato a scrivere un bigliettino con i miei dati, ma purtroppo non potevano accettarlo. La legge italiana è rigida in merito a questa possibilità. Non ha mezze misure, e per chi vive quei drammatici momenti, per chi deve fare delle scelte difficili, quelle mezze misure non vanno bene. Nessun obbligo, ma solo una piccola apertura da entrambe le parti qualora lo vogliano, qualora desiderino sapere chi c’era dietro quella speranza di vita. Da qui il mio appello, che possa arrivare vicino alle persone che hanno ricevuto il lascito di mia sorella, con la speranza che il loro percorso seppur consapevolmente difficile, possa dargli una vita da vivere. E tutto questo senza mia sorella, senza il coraggio mio e dei miei genitori non sarebbe mai accaduto. Sandra era vita, era un sorriso che ti scaldava il cuore. Ora rimarrà il nostro ricordo più bello, il nostro dolore più grande”. 

 

 

Un appello che scalda il cuore e offre uno spaccato sulla 34enne modicana. “Sandra aveva un modo così empatico che sarebbe riuscita a vendere la sabbia agli arabi. Tutto quello che ha fatto, ha avuto sempre un filo continuo: il suo sorriso. Lei sorrideva a tutti – spiega Stefano Spadaro -, anche a chi magari non le andava a genio. Decisa, non la mandava a dire a nessuno, però non portava rancore, per lei non c’era tempo da perdere in queste emozioni sterili. Era così. Una gran lavoratrice, una giovane donna che secondo me desiderava l’amore e magari una famiglia”.

 

Poi improvvisamente il buio. “In 10 minuti la vita sua e la nostra si fermano. Tutto l’ingranaggio che ti sembra indistruttibile, scopri che è fatto di sabbia. La telefonata a mio zio per chieder aiuto, le ambulanze, la corsa in ospedale. In attesa di un trasporto in elicottero a Catania che non arriverà mai. La situazione è grave, troppo. Così ci dicono i medici. Io non mi capacito, arrivo da Torino all’una di notte di venerdì 23 febbraio e vedo gli occhi dei miei genitori smarriti. Da lì due giorni di finte speranze, i medici con me erano stati chiari. I miei genitori però avevano bisogno di un aiuto in più per capire, una speranza in più per credere ancora. E questo è stata la nostra penitenza, avere la nostra Sandra in quel letto, un cuore che batte ma la sua testa spenta, per sempre. Questa è la cosa più dura da accettare. Lo è per un genitore che sta perdendo un figlio, lo è per un fratello che sta perdendo la sua amata sorellina. Lo è per me infermiere che, nella carriera, ha aiutato tante persone, ma che non può fare assolutamente niente per mia sorella. Sarà il mio fardello – conclude il fratello -, quel senso di impotenza che mi porterò a vita. Oggi vorremmo solo conoscere loro, chi permetterà a mia sorella di vivere per sempre”.

 

 

 

 

 

 

 AGI – Tra le vittime dei presunti accessi abusivi effettuati dal finanziere Pasquale Striano c’è anche monsignor Giovanni D’Ercole, volto familiare al grande pubblico per avere condotto per una ventina d’anni sulla Rai, fino al 2019, programmi religiosi come ‘Prossimo tuo’, ‘Millenium’ e ‘Sulla via di Damasco’. Nel 2020 si dimise dalla carica di vescovo di Ascoli di Piceno e si ritirò in un monastero in Marocco. E’ tornato in Italia all’inizio del 2021 e mantiene un costante contatto coi suoi fedeli sui social. Il presunto spionaggio da parte di Striano risale al 20 gennaio 2020. Gli inquirenti scrivono di “accesso abusivo alla banca dati SIVA sul portale analisti per individuare la presenza di operazioni sospette nei confronti di Giovanni D’Ercole”. A ottobre di quell’anno la decisione di dimettersi dopo le polemiche provocate dalle accuse mosse dal religioso nei confronti dell’allora governo Conte di tenere chiuse le chiese per evitare la diffusione del contagio. Una vita molto avventurosa la sua, passata anche da vicissitudini giudiziarie, una delle quali riguardante proprio una presunta rivelazione di segreto d’ufficio. All’epoca, nel 2012, era vescovo ausiliare dell’Aquila e finì coinvolto in un’inchiesta sull’utilizzo dei fondi per la ricostruzione post terremoto nell’ambito della quale maturò l’ipotesi di reato sull’accusa di avere svelato informazioni giudiziarie riservate proprio su quel procedimento. Il processo col rito abbreviato si concluse con la sua assoluzione. 

 

L’ex comandante dei carabinieri di Perugia, “stupito di essere stato spiato”

“Sono stupito e sapere di essere stato spiato e mi dà anche fastidio da privato cittadino, ex generale dell’Arma in pensione, giornalista e ora avvocato e criminologo”. Paolo Piccinelli, ex comandante dei carabinieri di Perugia fino al 2017, esprime all’AGI la sua sorpresa per essere finito in quella che la Procura di Perugia descrive come una gigantesca ‘rete’ di bersagli di accessi abusivi da parte del finanziare Pasquale Striano. Stando agli atti dell’indagine, la ricerca di informazioni illecita sul suo conto attraverso la banca dati SIVA sarebbe avvenuta il 3 marzo del 2020, nei giorni in cui Piccinelli stava per cominciare un’attività di consulenza per la Rai sulle misure di prevenzione e contenimento del Covid. “Non ho niente da nascondere – aggiunge -. Ho anche cercato di capire, senza riuscirci, perchè mi abbiano spiato. Quando sarà il momento mi tutelerò nelle sedi opportune”. Piccinelli ha svolto anche l’incarico di capo ufficio stampa dell’Arma. 

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