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AGI – Judith Godreche, voce del #MeToo francese, con il suo attesissimo cortometraggio; Anya Taylor-Joy, nel ruolo della protagonista di “Furiosa”, ennesimo capitolo della saga di “Mad Max”; Meryl Streep, con la sua masterclass sono le donne “potenti” della seconda giornata del Festival di Cannes.

Streep, 74 anni, leggenda di Hollywood, ha ricevuto la Palma d’Oro alla carriera in occasione della cerimonia di apertura seguita da 2,3 milioni di telespettatori, un record secondo France Televisions.

 

“Hai cambiato il modo in cui vediamo le donne, ci hai dato una nuova immagine di noi stesse”, l’ha ringraziata commossa Juliette Binoche, consegnandole il premio. “Me Too”, diretto da Judith Godreche, 52 anni, sarà presentato due volte: in apertura della selezione ‘Un certain Regard’, al Palais des Festivals, solo per gli accreditati, e al Cinema de la Plage, per il pubblico. Sarà il primo, atteso momento clou del Festival, sette anni dopo lo scandalo che oltreoceano portò alla caduta del produttore americano Harvey Weinstein, e cinque mesi dopo il significativo discorso, in Francia, dell’attrice-regista che accusò di stupro due figure del cinema d’autore: Benoit Jacquot e Jacques Doillon.

 

In 17 minuti il cortometraggio di Godreche si propone di denunciare la violenza sessuale e dare un volto a mille vittime: “Il cinema ha una funzione simbolica, quasi divina. Dire a me stessa che le persone anonime presenti in questo corto saranno gli attori principali di un film che andrà a Cannes, questo è lo status che mi interessa”.

Il movimento #MeToo sta alimentando molte discussioni al Festival di Cannes: “Continuiamo a dibattere insieme su queste questioni, in particolare su dove vogliamo che vada il cinema. Negli Stati Uniti ci sono stati molti cambiamenti”, ha commentato Greta Gerwig, presidente della giuria e prima regista a superare il miliardo di dollari di fatturato con ‘Barbie’, “sempre più donne hanno il coraggio di dire come stanno le cose nell’industria cinematografica. Quindici anni fa non avrei potuto immaginare che ci sarebbero state così tante donne nel cinema”.

Tuttavia, ci sono solo quattro registe donne nei 22 film in concorso a Cannes quest’anno. “Quattro donne spericolate”, ha detto Camille Cottin, maestra di cerimonie del Festival. Tra cui la francese Agathe Riedinger che apre il concorso con “Diamant brut”, opera prima sui reality e sulle aspirazioni di una giovane ragazza che vive nel sud della Francia. Sul red carpet ci sarà Anya Taylor-Joy, 28 anni, una guerriera che fa mangiare la polvere agli uomini sul grande schermo in “Furiosa”, presentato fuori concorso in prima mondiale. Si tratta di un nuovo episodio della saga di “Mad Max”, più precisamente di un prequel di “Fury Road” (2015), ovvero della giovinezza del personaggio allora interpretato da Charlize Theron. 

 

 

AGI – Il giudice del tribunale monocratico di Roma ha emesso sentenza di non doversi procedere perche’ “il fatto non costituisce reato” nei confronti di Donatella Di Cesare, filosofa e docente alla Sapienza di Roma, rinviata a giudizio dopo una querela per diffamazione presentata dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida.

 

“Tutto ruota intorno alla formula ‘sostituzione etnica’ che il ministro ha pronunciato al congresso Cisal il 18 aprile 2023 suscitando molto scalpore – aveva spiegato Di Cesare -. La sera dello stesso giorno, nella puntata del programma DiMartedi’ che va in onda su La7, quando mi e’ stato chiesto di commentare, ho detto che ‘il nazismo e’ stato un progetto di rimodellamento etnico del popolo e il mito complottistico della sostituzione etnica e’ nelle pagine del Mein Kampf di Hitler’. Ho aggiunto: ‘credo che le parole del ministro non possano essere prese per uno scivolone, perche’ ha parlato da Gauleiter, da governatore neohitleriano’. Questa mia opinione si e’ basata sui miei studi di anni su questo argomento”. 

 

“Sono molto soddisfatta – ha commentato la docente dopo la decisione del tribunale -. Ho vissuto il processo come una grande ingiustizia, perche’ il mio era un commento, un parallelo storico e non doveva essere un motivo per un processo. Mi preoccupa la tendenza a criminalizzare il dissenso, le voci critiche. Sono apertissima al dialogo e al confronto democratico anche con il ministro Lollobrigida”.

AGI – Nell’avviso di chiusura delle indagini, la Procura di Venezia contesta a Filippo Turetta l’omicidio volontario di Giulia Cecchettin aggravato dalla premeditazione e dalla crudeltà, dal possesso del coltello, dal sequestro di persona e dall’occultamento del cadavere. Per lui c’è anche l’accusa di stalking. 

 

A novembre scorso l’Italia rimase con il fiato sospeso per una settimana: Giulia era uscita per andare a fare compere con il suo ex fidanzato e non era più rientrata a casa. Il cadavere della 22enne fu ritrovato, trucidato con 26 coltellate al capo, collo, braccia e gambe, in un dirupo vicino al lago di Barcis. L’ex fidanzato fu rintracciato e arrestato, in Germania

AGI – Piove senza sosta su Milano da ieri sera. L’incessante pioggia ha portato all’esondazione del fiume Lambro in alcune zone. I vigili del fuoco fanno sapere che l’esondazione è “controllata e monitorata permanentemente”, anche se ovviamente sta causando allagamenti e disagi. L’assessore alla sicurezza del Comune di Milano Marco Granelli in un video sul suo profilo Facebook, spiega che i livelli del Seveso sono aumentati con le piogge di stanotte, tanto da rendere necessaria l’attivazione della vasca di laminazione del Seveso, che protegge i quartieri di Niguarda, Prato Centenaro e Isola. “Ancora una volta questa opera fondamentale è entrata in funzione a protezione della città. Molto alti anche i livelli del Lambro, sopra i 2,50 metri”. “Ieri sera – dice l’assessore – abbiamo evacuato le comunità in modo da non avere problemi”. 

AGI – La conquista delle rovine dell’abbazia il 18 maggio 1944 schiuse agli Alleati la via per Roma. La storia eroica e drammatica di un esercito che veniva dai gulag sovietici. Cerimonia per l’80 anniversario con il presidente della Polonia Andrzej Duda

 

“Per la nostra e la vostra libertà noi soldati polacchi demmo l’anima a Dio, i corpi alla terra d’Italia, alla Polonia i cuori”. La frase incisa su un grande obelisco nel cimitero monumentale di Montecassino è vicina alla scritta all’ingresso: “Passante, di’ alla Polonia che siamo caduti fedeli al suo servizio”. C’è una storia epica, eroica e drammatica, che va oltre la vittoria di Montecassino che il 18 maggio di ottanta anni fa aprì la via per Roma; una storia di sofferenze, di sangue, di sacrifici e di amarezza per l’esilio. L’abbazia di Montecassino, simbolo della cristianità e della cultura occidentale salvata dalla barbarie, era stata rasa al suolo con 380 tonnellate di ordigni esplosivi nello sciagurato bombardamento aereo del 15 febbraio 1944, perché per i soldati alleati era diventato l’odiato simbolo della resistenza tedesca. Nel sacro recinto, contrariamente a quanto si credeva, non c’era nessun militare della Wehrmacht, ma la distruzione dell’abbazia fondata da San Benedetto aveva fornito a essi un campo di battaglia ideale per resistere.

L’ora del generale Anders

Ogni tentativo di infrangere da lì la Linea Gustav era fallito con un costo altissimo di vite umane. L’11 maggio era stata la volta dei polacchi del II Corpo d’armata del generale Władysław Anders muovere all’attacco, su decisione del comandante dell’8ª Armata britannica, generale Oliver Leese. Alle 23.00 un micidiale fuoco di artiglieria viene rovesciato sui caposaldi tedeschi tenuti dagli esperti paracadutisti della 1ª divisione che alla fine di dicembre del 1943 avevano condotto la battaglia casa per casa di Ortona spezzando l’impeto dell’offensiva su Ortona del Maresciallo Bernard Law Montgomery. I carri armati e i fanti polacchi manovrano all’1.30 del 12 maggio. Sulla linea di fuoco sono schierate la 3ª divisione fucilieri di Carpazia, la 5ª fanteria Kresowa, la 2ª brigata corazzata Varsavia, il gruppo d’artiglieria divisionale, per un totale di circa 50.000 uomini. I combattimenti sono furiosi, i tedeschi contendono ogni palmo di terreno, attacchi e contrattacchi si susseguono senza requie. “Non ricordo se abbiamo dormito, quando e dove, nemmeno se abbiamo mangiato (…). C’erano i morti, i feriti (…) ma la tensione era tale che nulla avrebbe potuto distoglierci da quello che dovevamo fare”, è il ricordo di Mieczysław Rasiej.

La quarta e ultima battaglia

I soldati di Anders venivano dai gulag sovietici, perché presi prigionieri nel settembre 1939 dall’Armata Rossa che il 17 aveva invaso la Polonia secondo l’accordo contenuto nel protocollo segreto del Patto Ribbentrop-Molotov e senza dichiarazione di guerra. I militari erano stati rinchiusi nei campi di concentramento, i familiari erano stati deportati e gli orfani destinati alla russificazione, 22.000 ufficiali erano stati sterminati con un colpo alla nuca su ordine di Stalin e sepolti nella foresta di Katyn. Anders scampò a questa sorte perché era stato recluso nel famigerato carcere della Lubjanka dove era sottoposto a interrogatori e torture. Dopo l’attacco di Hitler all’Unione Sovietica, il 22 giugno 1941, Stalin aveva disposto la liberazione dei soldati, espellendoli dall’Urss per il rifiuto di confluire nell’Armata Rossa, e Anders era riuscito nel piccolo miracolo di portare via non solo i militari ma anche i civili, le donne, i bambini, gli orfani. Un popolo. In centoventimila percorsero 12.500 chilometri in 1.334 giorni dagli sperduti gulag sovietici alla Persia, alla Palestina e infine in Italia, dove il II Korpus era stato costituito alla fine del 1943. Dall’Abruzzo era poi stato spostato a marzo sull’appendice occidentale della Linea Gustav, e il 24 marzo era stato affidato l’incarico di condurre la quarta battaglia di Montecassino.

Una canzone scritta la vigilia della vittoria

La vittoria venne pagata con 923 morti, 345 dispersi e 2931 feriti. La sera prima della conquista delle rovine, il 17 maggio, il compositore Alfred Schütz sui versi di un poeta arruolato nell’esercito di Anders, Feliks Konarski, scrisse la melodia della canzone «Papaveri rossi a Montecassino»: rossi perché avevano bevuto il sangue polacco, «e sui papaveri il soldato camminava e cadeva». Nel luogo che San Benedetto aveva scelto per edificare il monastero nella prima metà del VI secolo era stato versato un fiume di sangue da soldati di undici nazioni: tedeschi, polacchi, statunitensi, britannici, neozelandesi, canadesi, indiani, nepalesi, francesi, marocchini, algerini. La mattina del 18 maggio sulle rovine svettava la bandiera biancorossa della Polonia e si udiva la tromba del caporalmaggiore Emil Czech che annunciava la vittoria e la fine della battaglia.

L’esilio dei combattenti “per la nostra e la vostra libertà”

La via di Roma era aperta, anche se gli americani vi entreranno solo il 4 giugno. Lungo la strada le truppe coloniali del Corpo di spedizione francese si macchiarono di stupri di massa su donne dagli 11 agli 80 anni e anche su uomini, tra cui un parroco, in un’orgia di orrore che numericamente sarà superato solo dall’Armata Rossa nel 1945 nei territori orientali della Germania e a Berlino. I polacchi del generale Anders saranno riportati sul fronte orientale dove combatteranno risalendo la Penisola fino a Bologna. Ma per loro non ci sarà nessun ritorno a casa. La maggior parte di essi proveniva dai territori orientali, che negli accordi di Yalta erano stati ceduti a Stalin, e non avevano né una casa né una Patria. I soldati che avevano combattuto in Italia erano considerati dal regime comunista “al servizio di una potenza straniera”, per loro era meglio che non tornassero in Polonia, e lo stesso Anders, privato pure della cittadinanza, sarà costretto all’esilio. Morirà a Londra il 12 maggio 1970 a Londra, e per suo espresso desiderio è stato sepolto nel cimitero di Montecassino assieme ai suoi soldati. La moglie riposa accanto a lui dal 2010, e la figlia Anna Maria nel 2019 è stata nominata ambasciatrice a Roma. Sabato 18 maggio, accanto a lei, per la cerimonia solenne di commemorazione dell’80° della battaglia di Montecassino, il presidente della Repubblica di Polonia Andrzej Duda e la presidente del Senato Małgorzata Kidawa-Błońska, per l’omaggio ai caduti polacchi di fede cattolica, ortodossa ed ebraica che si sono battuti “per la nostra e la vostra libertà”.

 

AGI – Come già anticipato nelle prossime 24 ore l’Italia settentrionale sarà interessata da un persistente flusso atlantico che porterà acquazzoni e temporali; questo grazie alla presenza di un’area di bassa pressione livellata intorno ai 995 hPa sulla Gran Bretagna che ha permesso il cedimento dell’alta pressione sul bacino Mediterraneo.

 

Possibili disagi da maltempo su Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia dove si stimano fino ad oltre 200 millimetri di pioggia a ridosso dei settori alpini. Sono questi gli ultimi aggiornamenti del Centro meteo italiano, che prevedono un miglioramento nel fine settimana e per l’avvio della prossima con l’alta pressione che interesserà le regioni meridionali in particolar modo. Nuova fase di maltempo possibile per metà della prossima settimana, ma resta ancora un’ipotesi data la distanza temporale.

 

PREVISIONI METEO PER DOMANI

Al NORD

Al mattino nuvolosità irregolare in transito su tutte le regioni con associate piogge e temporali da isolati a sparsi. Al pomeriggio instabilità in aumento con acquazzoni e temporali diffusi. In serata insiste il maltempo soprattutto al Nord-Est, inizia a migliorare al Nord-Ovest.

 

AL CENTRO

Al mattino nuvolosità in transito sulla Toscana con possibili piovaschi isolati, cieli per lo più soleggiati altrove. Al pomeriggio non sono attese variazioni di rilievo. In serata tempo stabile su tutte le regioni con prevalenza di cieli sereni o poco nuvolosi.

 

AL SUD E SULLE ISOLE

Al mattino tempo asciutto ma con nuvolosità irregolare in transito, maggiori spazi di sereno tra Campania, Molise e Puglia settentrionale. Al pomeriggio cieli per lo più soleggiati su tutte le regioni. In serata si rinnovano condizioni di tempo stabile con nuvolosità e schiarite. Temperature minime in calo al Nord e sulla Sardegna ed in rialzo al Centro-Sud e sulla Sicilia, massime in generale rialzo su tutta la Penisola.

AGI – Almeno 25 persone tra cui alcuni bambini sono rimasti intossicati la scorsa notte a Ravenna a causa di un incendio scoppiato in una palazzina di via Tommaso Gulli. L’allarme e’ scattato dopo le 23 quando ha preso fuoco un veicolo parcheggiato in un garage, probabilmente uno scooter. Il fumo ha poi rapidamente avvolto tutto lo stabile tramite la tromba delle scale impedendo a 16 famiglie di trovare la via di fuga. In poco tempo sono arrivati i Vigili del Fuoco con squadre da Ravenna e Cervia i quali, anche tramite il supporto di alcune autoscale, hanno evacuato tutti e domato il rogo. Tutti sono stati trasportati in ospedale per accertamenti. Il condominio e’ stato dichiarato inagibile sebbene sembra non abbia riportato danni strutturali. Sul posto anche Carabinieri, Polizia di Stato e Polizia Locale. 

AGI – “Quando ero bambino negli anni ’80 c’era già la crisi ambientale. Se la crisi è un fatto straordinario, come è possibile che ci sono già due generazioni che vivono questa crisi e tutti gli indicatori mostrano che c’è un peggioramento?” È la domanda che si pone Filippo Menga, autore del libro “Sete” uscito recentemente per Ponte alle Grazie e intervistato da Agi.

 

Nel saggio, l’autore analizza in maniera puntuale la crisi dell’acqua, ma anche la storia di un movimento ambientalista che a partire dagli anni ’70 ha iniziato a interessarsi all’ambiente e quindi anche alle crisi idriche. “Negli anni ’70 si è tenuta la prima conferenza Onu sull’acqua che è stata l’unica fino al 2023. Prima della conferenza di New York c’era stato il lavoro del Club di Roma, con Aurelio Peccei che è stato un visionario per l’epoca. Oggi ci sono uomini facoltosi che tentano di salvare il mondo, mentre Peccei ha fatto un tentativo quando ancora non ci pensava nessuno. “I limiti della crescita” credo che sia il libro più venduto al mondo sulle questioni ambientali, sull’incompatibilità di una società che cresce senza limiti e un pianeta che ha dei limiti. Da lì in poi tutto è stato declinato anche sulla questione idrica. Ci sono state grandi crisi legate alla siccità, e questo ha contribuito a diffondere l’idea di una crisi idrica globale”.

Il libro muove quindi una critica a una crisi che diventa spot per le aziende, per i personaggi dello spettacolo che si lanciano in campagne per il pianeta o per la sostenibilità senza centrare mai il cuore del problema e le sue cause strutturali. Con l’avvicinarsi dell’estate, anche in Italia, il faro si riaccende sull’uso consapevole dell’oro blu invitando i cittadini ad un consumo responsabile, ma Menga pur non criticando, fa luce sulla questione “i consigli non son sbagliati. Io sono il primo che chiudo il rubinetto quando mi lavo i denti, ma è chiaro che è una goccia nell’oceano. Il punto è che a livello globale circa il 10 per cento del consumo idrico è legato alle persone (rubinetti, città, fontane), il 60-70 per cento all’agricoltura, il restante all’industria e alla produzione di energia. Detto questo è chiaro che noi come individui possiamo fare bene poco. Secondo me, è intellettualmente e moralmente scorretto voler trasferire sugli individui la responsabilità”.

 

 

 

Da qui la critica al sistema che in larga parte è responsabile della crisi e si propone di guadagnare affrontandola. È il funzionamento del capitalismo: la «crisi» è un suo elemento cardine, e nel momento in cui, com’è il caso della crisi ecologica, e idrica in particolare, diviene strutturale, il processo di mercificazione prevede che la stessa gestione della crisi generi profitti. Sete è un’impietosa critica alle strategie messe in atto per arginare la crisi idrica, e un grido d’allarme sugli effetti devastanti di una fede cieca nel mercato. Ma allo stesso tempo è una profonda riflessione sul nostro rapporto con la natura e un potente richiamo all’azione: «Non è mai troppo tardi per prendere posizione e invertire la rotta del discorso».
“Le multinazionali hanno grandissimo potere e ci sono spesso delle contraddizioni collegate al consumo di risorse legate alla produzione industriale di beni che crea crisi idriche locali. Le crisi idriche sono migliaia in Italia, in Europa e ovunque, e sono sempre legate al loro contesto. Sono molto spesso legate a conflittualità tra il settore privato e il settore pubblico, o tra il settore privato e le comunità locali. Il caso dell’acqua in bottiglia è emblematico e vede coinvolti diversi comuni anche in Italia” spiega l’autore.

 

Finora abbiamo parlato dei privati, ma i decisori politici dove sono? “Non si sono mai spesi tanti soldi come oggi per il settore idrico. Eppure, sembra che siamo sempre più dentro a questa crisi che sembra aggravarsi. Manca l’autorità forte delle istituzioni pubbliche, del settore pubblico e delle istituzioni internazionali. Il problema della plastica è molto collegato a quello dell’acqua, per il tema delle micro e nano plastiche che ingeriamo, eppure non esiste un trattato internazionale. Se ne parla, ma non esiste. Ci sono problemi pressanti che non vengono affrontati o li si affronta con lentezza estrema” e “mancano dei piani di lungo termine responsabili in cui ci si ricollega al fatto che bisogna essere compatibili con il ciclo dell’acqua (e dell’ambiente). Di acqua oggi ne parliamo tanto perché oggi è un problema. Se le cose vanno bene non ne parliamo e la diamo per scontata. Questo è il nocciolo del problema”.

Ma sta crescendo anche a destra un movimento ambientalista “Storicamente, il problema dell’ambiente è stato appannaggio delle sinistre. Anche in Italia. L’impressione che ho, è che a livello globale, c’è una ripresa delle destre e del populismo e questo ci pone di fronte a un altro interrogativo: è compatibile il nazionalismo, la difesa del territorio, con la sfida globale della difesa dell’ambiente? Oggi nella nostra vita quotidiana utilizziamo oggetti che hanno fatto il giro del mondo. – prosegue Menga – Le destre si stanno accorgendo dell’ambiente, magari con un punto di vista diverso, nell’ottica di preservare il proprio territorio e non tanto con uno spirito globalista. Però, oggettivamente fuori dall’Italia, sembra esserci più attenzione, perché i partiti dei Verdi crescono, mentre da noi è pressoché sparito. L’Italia è un’anomalia e i giovani che sono così interessati ai temi ambientali rappresentano un bacino di voti che i partiti stanno perdendo”.

 

AGI –  La scrittrice canadese Alice Munro, vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura nel 2013, è morta all’età di 92 anni: lo rende noto il quotidiano Globe and Mail citando i familiari. Munro, che soffriva di demenza da almeno un decennio, ha pubblicato più di una dozzina di raccolte di racconti. 

 

Autrice di storie discrete, di gente apparentemente semplice in città di provincia canadesi, Munrov è stata anche definita dai suoi cultori la ‘Cechov canadese’, proprio per quella capacità intima e poco drammatica che le valse una serie di premi internazionali, tra cui appunto il Nobel nel 2013. Margaret Atwood una volta la definì “tra le maggiori scrittrici di narrativa inglese del nostro tempo”. Salman Rushdie l’ha elogiò come “una maestra della forma” mentre Jonathan Franzen una volta scrisse: “Munro è uno dei pochi scrittori, alcuni vivi, la maggior parte morti, a cui penso quando dico che la narrativa è la mia religione”.

 

Nata nel 1931 da una famiglia di allevatori di volpi e pollame che viveva fuori Wingham, nel Southwestern Ontario, e che lottava per sopravvivere durante la Grande Depressione, Munro andò all’università con una borsa di studio. Dopo due anni si trasferì a Vancouver con il suo primo marito, James Munro, nel 1951. Descrivendosi come una “casalinga B-meno” in questo periodo – doveva chiedere soldi a suo marito per fare la spesa – Munro iniziò a scrivere ogni volta che le sue figlie dormivano, mantenendo i pezzi brevi perché era troppo difficile concentrarsi per periodi prolungati.

 

I racconti della Munro iniziarono a essere pubblicati su riviste come Tamarack Review, Montrealer e Canadian Forum, una raccolta fu pubblicata nel 1968. Acclamato dal New York Times come prova che il racconto era “vivo e vegeto Canada”, Dance of the Happy Shades (La danza dell eombre felici, ndr) è stato elogiato per la sua “vibrazione di simpatia con i contadini e i cittadini che vivono lì” e per la capacità di Munro di fornire piu’ domande che risposte.

 

A questo successo seguì quello di Lives of Girls and Women (Vite di ragazze e donne) (1971), una raccolta di storie interconnesse tra loro, che fu pubblicata come romanzo. Nel 1978, con la raccolta di novelle Who Do You Think You Are? (Chi ti credi di essere?), Munro vinse il Governor General’s Literary Award per la seconda volta. Nel 1980 ottenne il posto di “Writer-in-Residence” sia all’Università della Columbia Britannica che all’Università del Queensland. Il racconto The Bear Came Over the Mountain (tratto dalla raccolta Nemico, amico, amante…) è stato inoltre adattato per il grande schermo dalla regista Sarah Polley, che ne ha tratto un film dal titolo Away from Her (Lontano da lei), interpretato da Julie Christie e Gordon Pinsent. Dopo il Nobel nel 2013 la scrittrice ha annunciato il suo ritiro dalla scrittura.

AGI – L’edizione estiva di Pitti Uomo, il salone della moda maschile, giunge all’edizione numero 106. Presentata oggi a Milano con una conferenza stampa, la manifestazione si svolgerà a Firenze alla Fortezza da Basso dall’11 al 14 giugno 2024. Attese le collezioni Primavera/Estate 2025 di circa 790 marchi, di cui il 43% esteri.

“Pitti Uomo prosegue nel suo percorso di crescita al fianco dei brand, rappresentando per una community sempre più ampia e forte un momento di incontro, di business e di approfondimento dei temi che attraversano la cultura fashion contemporanea”, commenta Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine.

“Le aziende del settore moda, anche per la prossima stagione, hanno scelto di concentrare risorse e investimenti su Firenze e sulla nostra manifestazione che a sua volta offre ai brand una visibilità internazionale e un contesto ideale e sempre in evoluzione per incontrare gli interlocutori giusti”. A partecipare alla manifestazione che come tema guida sceglie il colore giallo e il claim “Pitti lemon”, sono attesi nomi della moda internazionale.

A partire dalla presenza dell’inglese Paul Smith, protagonista di un evento speciale l’11 di giugno a Villa Favard, sede della scuola di moda Polimoda. Sarà invece Marine Serre, stilista francese, la Guest Designer che sfilera’ a Villa di Maiano il 12 giugno. Ancora attesa la prima sfilata del brand di culto Pierre Louis Mascia che debutta al Tepidarium Giacomo Roster, un’elegante serra di vetro in stile liberty immersa nel verde del Giardino dell’Orticoltura. Tra I debutti anche una capsule di moda maschile di Plan C di Carolina Castiglioni.

Confermato il percorso espositivo suddiviso in cinque sezioni (Fantastic Classic, Futuro Maschile, Dynamic Attitude, Superstyling e I Go Out), a cui si aggiunge la presenza delle aree speciali S|Style e Vintage Hub. Tra le collaborazioni internazionali, oltre alla presenza consolidata di Scandinavian Manifesto e JQuality, a questa edizione Pitti Uomo proporra’ il progetto speciale China Wave.