AGI – Il nome evoca subito l’oppressione poliziesca; dalle fotografie d’epoca (e dai film) arriva l’immagine stessa del terrore, con gli agenti che indossano il classico cappello floscio e l’altrettanto classico cappotto in pelle nera. Gestapo è ancora oggi una parola sinistra, e tale fama negativa, purtroppo, non è certamente usurpata. Il 20 aprile 1934 passava sotto il controllo diretto di Heinrich Himmler e delle sue SS. La Geheime Staatspolizei (Polizia segreta di Stato) nasce all’indomani della vittoria elettorale di Adolf Hitler nel gennaio 1933. La sua struttura venne concepita e disegnata dal numero due del Partito nazista, l’ex pilota asso della caccia della prima guerra mondiale e successore del Barone Rosso Manfred von Richthofen, Hermann Goring, che appena designato ministro della Prussia creò il Dipartimento 1A della Polizia dello Stato in chiave di repressione politica. L’aveva quindi affidata all’organizzazione di Rudolf Diels, che godeva della sua piena fiducia. Il consolidamento del regime portò Hitler non solo a sostituire il direttore, licenziato il I aprile 1934, ma anche ad assegnare il Corpo, già chiamato Gestapo, al Ministero dell’interno e quindi a Himmler il quale gli diede la struttura che conosciamo, plasmata su quella delle SS che comandava dal 1929. Il potere, che derivava dal Partito, era gigantesco e pervasivo.
Al di fuori e al di sopra della Legge
La Gestapo poteva occuparsi di qualsiasi cosa che era ritenuta nociva o pericolosa per lo Stato, ovvero per il regime. Agiva formalmente nella legalità come organismo di polizia, ma era al di fuori e al di sopra del diritto. Ogni suo atto era schermato dal sistema di autoprotezione del Terzo Reich, che ne legalizzava retroattivamente ogni arbitrio, e a volte senza alcuna necessità di salvare il simulacro del Rechtsstaat, lo Stato di diritto teorizzato proprio dai giuristi tedeschi. A livello interno i poliziotti della Gestapo (che non vanno confusi, nonostante i gradi, con quelli della Kripo, la Polizia criminale) erano autorizzati a investigare su qualsiasi crimine e per il cittadino tedesco sottoposto a indagine e violenze non era possibile appellarsi all’autorità giudiziaria.
Un’organizzazione criminale per la Soluzione finale
Il direttore della Sicherheitspolizei (Polizia di sicurezza) scelto da Himmler era stato subito Reinhard Heydrich, ex ufficiale di Marina espulso per indegnità morale, la cui moglie Lina, fervente nazista, aveva combinato un incontro col il capo delle SS per permettergli di ricostruirsi una carriera; responsabile delle operazioni era invece Heinrich Müller (che succederà ad Heydrich dopo la sua morte a Praga il 4 giugno 1942), al quale verrà significativamente attribuito il nomignolo di “Gestapo Müller” per la sua spietata efficienza e la sua identificazione nei metodi e nello spirito nella polizia segreta. Nella sede centrale di Prinz Albrecht-Strasse a Berlino si compiva ogni genere di nefandezza, a partire dalla tortura con cui si estorcevano informazioni e confessioni. Il ricorso alla custodia protettiva senza autorizzazione del magistrato (Schurtzhaft) era una prassi comune, ed esprimeva un potere illimitato. La Gestapo sin dal 1933 aveva inviato gli oppositori del nazismo nel primo campo di concentramento, quello di Dachau, operativo già a marzo. I dipartimenti in cui era articolata si occupavano di reati e movimenti politici, delle confessioni religiose e della massoneria, del tradimento e del sabotaggio, degli ebrei e quindi delle deportazioni e poi della Soluzione finale (Adolf Eichmann dipenderà dalla Gestapo). Nel 1939 un ulteriore salto di qualità, con il trasferimento sotto l’autorità del Reichssicherheitshauptamt (RSHA) di Heydrich. Con lo scoppio della guerra le competenze si allargarono ai territori occupati e gli organici vennero notevolmente incrementati sino a superare le quarantacinquemila unità e spargendo ovunque il clima di terrore.
Il processo di Norimberga e il destino dei capi
Al Processo di Norimberga, al pari delle SS, la Gestapo venne condannata come organizzazione criminale. Alcuni dei suoi capi erano morti o scomparsi, ma altri riuscirono a sottrarsi alla cattura e al processo, quando non addirittura a mettere la loro esperienza, durante la Guerra fredda, al servizio dello spionaggio alleato o della Stasi della Germania comunista. Göring si era suicidato con una capsula di veleno nella sua cella a Norimberga, al pari di Himmler che aveva però spezzato la fialetta di cianuro con i denti appena dopo la cattura avvenuta nel 1945. Heydrich, “il boia di Praga”, era stato assassinato dai paracadutisti cecoslovacchi nel 1942 con l’Operazione Anthropoid. Müller condurrà l’ondata di repressione dopo l’attentato a Hitler del 20 luglio 1944 e sparirà a Berlino assediata dai sovietici, presumibilmente ucciso il I maggio 1945. Al processo di Norimberga Diels deporrà attribuendo a Göring, di cui aveva sposato la cugina, tutti gli ordini da lui eseguiti nel breve periodo del suo servizio; nel 1950 lavorerà per lo Stato della Bassa Sassonia e poi per il Ministero dell’interno, morendo per un incidente nel 1957, ormai pensionato. Klaus Barbie, soprannominato “Il boia di Lione”, collaborerà con la Cia e riuscirà a riparare in Bolivia, operando sempre nei servizi segreti. Scoperto e processato in Francia, verrà condannato nel 1987 all’ergastolo per i suoi crimini e morirà nel 1991. Adolf Eichmann, il burocrate dello sterminio, il contabile della Soluzione finale, verrà rapito dal Mossad in Argentina, raggiunta dall’Italia attraverso le Rat Lines con cui si mettevano in salvo i gerarchi nazisti ai quali venivano forniti passaporto e imbarco per l’America del Sud, dove viveva col nome di Ricardo Klement; processato a Gerusalemme per il suo ruolo nella Shoah, sarà condannato a morte e impiccato nel 1962. Altri personaggi minori responsabili di gravi crimini scamperanno al giudizio degli uomini ma non a quello della storia.