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AGI –  Il Cdr dell’AGI, la FNSI e Stampa Romana ritengono “gravemente lesiva della professionalità e della terzietà dimostrate nei decenni dai giornalisti della testata l’affermazione fatta al question time dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, secondo cui “è questione delicata che una società partecipata dallo Stato possegga una agenzia di stampa, poichè questo potrebbe alimentare dubbi sulla effettiva libertà di informazione della stessa”.

 

Nei 70 anni di storia dell’AGI all’interno di una partecipazione statale come Eni, detenuta in parte direttamente dallo stesso Mef, “l’agenzia e i suoi cronisti hanno dimostrato di essere un presidio di informazione libera e indipendente con qualsiasi delle numerose maggioranze di governo che si sono succedute nel tempo”.

 

Giorgetti ha, inoltre, sostenuto che il Mef “potrebbe esigere la massimizzazione del valore economico di un’eventuale alienazione”, tenuto conto anche “del fatto che le agenzie di stampa sono assegnatarie di corrispettivi da parte dello Stato” e che “le procedure devono sia soddisfare i requisiti di trasparenza, sia essere a carattere competitivo, sia garantire evidentemente i livelli occupazionali”.

 

Proprio “l’assenza di trasparenza in questa operazione” è stata sottolineata dal Cdr, dalla FNSI e da Stampa Romana in ogni passaggio di una vertenza che li vedrà impegnati “con ancora maggiore determinazione nelle prossime ore, insieme all’assemblea di redazione, nella difesa dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Agi e del pluralismo dell’informazione”.
In questi giorni – sottolineano infine il Cdr dell’Agi, la FNSI e Stampa Romana – “sono state chiamate in causa in merito all’operazione diverse Authority: Anac, Antitrust, Agcom. Il dossier, vista la delicatezza e la gravità dei profili di trasparenza che investe, e’ giunto in Commissione europea”

AGI – Due tonnellate di uova, colombe e altri prodotti dolciari sono stati sequestrati dal Comando Carabinieri per la Tutela della Salute nel corso di 840 ispezioni in laboratori di produzione e vendita in vista delle festività pasquali. I Nas hanno accertato irregolarità in 324 aziende, pari al 38% di quelle controllate, e hanno contestato 574 violazioni penali e amministrative per un ammontare di 425 mila euro. Il valore dei prodotti sequestrati ammonta a 267 mila euro. Sei i titolari di negozi deferiti all’Autorità giudiziaria e sequestrate oltre 300 colombe e uova.

Sono 15 i provvedimenti di chiusura o sospensione delle attività stimate in un valore economico superiore a 5 milioni di euro.I controlli, compiuti d’intesa con il ministero della Salute, hanno consentito di individuare anche colombe e uova di cioccolato prodotte industrialmente che, una volta scartate e riconfezionate, venivano vendute come produzione artigianale a un prezzo superiore. Sono stati 6 i titolari di negozi deferiti all’Autorità giudiziaria per l’ipotesi di tentata frode in commercio, con contestuale sequestro di oltre 300 colombe e uova falsamente dichiarate di “propria produzione”.

Mentre i 15 provvedimenti di chiusura o sospensione delle attività sono dovuti a “gravi situazioni igieniche e strutturali”. Nel laboratorio di una pasticceria della provincia di Bergamo sono stati trovati 70 kg di cioccolato e 90 kg di prodotti dolciari scaduti da alcuni anni e con indicazioni non conformi in ordine agli ingredienti usati. Contestate violazioni amministrative per 3.500 euro. In due laboratori di pasticceria della provincia di Roma sono stati deferiti in stato di libertà i titolari di entrambe le attività per aver posto in commercio colombe e uova di Pasqua di produzione industriale dichiarati come prodotti gastronomici artigianali. Sono state riscontrate carenti condizioni igieniche e strutturali, sequestrate 33 confezioni di colombe e 15 uova di cioccolato pasquali ed elevate sanzioni per un importo complessivo di 4.000 euro. In due laboratori di pasticceria e un’industria alimentare della provincia di Catania sono stati sequestrati di 1.415 kg di preparati e basi per prodotti dolciari in parte scaduti, privi di etichettatura e tranciabilità, e in parte stoccati in un locale/deposito con gravi carenze igienico-sanitarie per la presenza di escrementi di roditori.

AGI – “Il governo italiano è immobile. A questo punto chiederò una mano al Quirinale”: ad affermarlo è Roberto Salis, il padre di Ilaria, in un’intervista a Repubblica dopo che a Budapest il giudice Jozsef So’s ha negato gli arresti domiciliari alla figlia, affermando che “le circostanze non sono cambiate” e “13 mesi di carcere non sono poi tanti”. Salis ha frenato anche su un’eventuale candidatura della figlia alle elezioni europee ventilata dal Pd: “Non abbiamo preso in considerazione questa ipotesi, siamo concentrati su altro, devo tirare mia figlia fuori di lì”. “Abbiamo fatto ricorso, ridefineremo la strategia, ma ci vuole anche la solidarietà degli italiani e una protesta contro l’immobilismo del governo”, ha affermato, “io chiederò di nuovo aiuto al presidente Mattarella”.

La 39enne di Monza è reclusa dal febbraio del 2023 per l’accusa relativa a due aggressioni nei confronti di militanti di estrema destra e di far parte di un’associazione criminale. Ha fatto discutere il fatto che anche ieri la detenuta italiana sia stata trasferita con manette e catene alle caviglie e tenuta da un’agente con un’altra catena come un guinzaglio. Per il padre di Salis “i nostri ministri non hanno fatto bella figura, dovrebbero fare un esame di coscienza”.

 

“Nordio ha detto che era colpa nostra se Ilaria non era fuori dal carcere, che abbiamo perso un anno a non chiedere i domiciliari in Ungheria”, ha affermato nell’intervista, “ora abbiamo avuto la prova che era una fandonia. E la conferma che il motivo per cui al tempo non avevamo avanzato la richiesta dei domiciliari a Budapest era fondato”. Al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha affermato che “il caso non va politicizzato”. Il padre di Ilaria ha risposto che “non c’è da politicizzare o meno, questo è già un processo politico”. “Ci sentiamo dire che il governo italiano non può interferire sui giudici di Budapest ma la scelta di portare mia figlia in aula in catene non dipende dalla magistratura ma dal ministero di Giustizia ungherese, in barba alle norme europee e allo stato di diritto”, ha aggiunto, “il governo italiano può e deve fare in modo che una nostra cittadina non venga trattata come un cane”. Come ha preso Ilaria il no ai domiciliari? “È delusa, emotivamente è devastante. Ma la battaglia non è persa e non la perderemo”, ha assicurato Roberto Salis. 

 

I legali: “Denunceremo le minacce dei neonazisti”

“Stiamo valutando di presentare un esposto in Italia e anche in Ungheria per le minacce subite dal gruppo di amici di Zoltàn Tòth, la militante di estrema destra parte offesa nel processo “. Lo dice all’AGI l’avvocato Eugenio Losco, legale italiano di Ilaria Salis assieme al collega Mauro Straini, che ieri, all’ingresso nell’aula del processo alla donna detenuta a Budapest, sono stati avvicinati da alcune persone identificate come “estremisti di destra”.

Con loro c’era anche ‘Zerocalcare’. “Hanno detto che ci avrebbero spaccato la faccia – racconta Losco – mentre scattavano foto e ci facevano un video. Non è stata certamente una cosa piacevole e pensiamo di tutelarci considerando anche che torneremo in Ungheria”.

 

Il 24 maggio si svolgerà una nuova udienza per la 39enne insegnante milanese in carcere da 13 mesi con l’accusa di avere aggredito tre esponenti di estrema destra. “Prima di allora abbiamo intenzione di depositare il ricorso alla Corte Europea sulle condizioni di detenzione di Ilaria e il trattamento con catene e manette in aula – aggiunge -. Anche se l’Ungheria è già stata condannata per questo più volte e se n’è fregata. Faremo un ricorso d’urgenza, la tempistica è di tre mesi per avere una pronuncia”.

Nella prossima udienza è in programma l’ascolto di Zoltàn Tòth e di due passanti chiamati come testimoni.

 

“Scopri l’ultimo blitz sanitario condotto dal Nas: 2 tonnellate di uova e colombe sequestrate. Leggi l’articolo per conoscere i dettagli e le implicazioni per la salute pubblica. Affrontiamo insieme la lotta contro il commercio illegale di prodotti non conformi alle normative sanitarie.”

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AGI – A 70 anni, 26 anni dopo la sua cattura in un bunker a Casal di Principe dove era con la moglie Giuseppina Nappa e le figlie, il capo dei Casalesi, Francesco Schiavone, noto con il soprannome di Sandokan, ha iniziato a collaborare con la giustizia. Il pentimento del boss, anticipato da un quotidiano locale, Cronache di Caserta, è confermato all’AGI da fonti degli inquirenti. Uomini delle forze dell’ordine avrebbero già proposto a parenti del capoclan di entrare nel programma di protezione.

Francesco Schiavone, negli anni ’80, è diventato il capo assoluto di una delle organizzazioni criminali campane più potenti economicamente e militarmente, con interessi ramificati in molte regioni. La sua ‘carriera’ inizia come autista del boss Umberto Ammaturo e con un arresto nel 1972 appena 18enne, per detenzione e porto di arma da fuoco, ma ben presto è stato uno dei protagonisti della guerra di camorra nel Casertano, diventando prima un affiliato al gruppo di Antonio Bardellino e Mario Iovine, leader nella Nuova Famiglia in lotta con la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, e poi il capo della faida interna che fece leva su Iovine (cui era stato ucciso il fratello Domenico per ordine di Bardellino) per eliminare il capoclan in Brasile nel 1988, prendendo subito dopo il controllo dei Casalesi.

Con Schiavone, inoltre, inizia l’infiltrazione del clan in diversi settori dell’economia legale e nella politica. Le sue rivelazioni potrebbero aiutare gli inquirenti non solo a ricostruire un pezzo di storia della camorra, individuando mandanti e autori di omicidi e agguati, ma anche a capire gli assetti attuali dei Casalesi. Schiavone ha avuto diverse condanne, anche per omicidio, la più nota delle quali all’ergastolo al termine del celebre processo Spartacus, ed è al regime di 41 bis, confermato nel gennaio 2018 dalla Cassazione che ha respinto una istanza di revoca presentata dai suoi legali.  Tra i familiari cui è stato offerto di entrare nel programma di protezione il figlio Ivahnoe. Prima di Sandokan, avevano decido di collaborare con la giustizia i figli Nicola, nel 2018, e poi il secondogenito, Walter, nel 2021.

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AGI – Il relitto di un aereo della Luftwaffe che trasportava truppe e mezzi verso il Nordafrica per l’Afrika Korps del Feldmaresciallo Erwin Rommel è stato individuato sui fondali al largo di Bastia, in Corsica. La scoperta è stata resa possibile dall’uso del Rov, lo strumento di ispezione subacquea pilotato da remoto, da parte dell’ingegnere italo-svizzero Guido Gay, noto per aver portato alla luce numerosi relitti a profondità abissale, fra cui anche quello della Corazzata Roma. A 500 metri di profondità sono stati individuati i resti di un Messerschmitt Me 323 Gigant, costruito in soli 200 esemplari, un gigantesco velivolo da trasporto che la Luftwaffe impiegò nel corso del secondo conflitto mondiale per inviare truppe e rifornimenti in Africa. L’attività degli Me 323 era stata individuata da tempo dal controspionaggio alleato grazie alle decrittazioni ‘Ultra’.

Ciò ha consentito numerosi abbattimenti da parte dell’aviazione angloamericana, avvenuti in diversi teatri del Mar Mediterraneo, con i caccia pesanti Bristol Beaufighter. Anche l’aereo scoperto da Guido Gay fu abbattuto in una di queste azioni di intercettazione. 

 

Il ricercatore marino ed esperto in documentazioni storiche Massimo Bertoni ha inoltre scoperto un importante documento del primo Gruppenfhurer Storm della Luftwaffe, datato 12 ottobre 1943, in cui si fa preciso riferimento dell’azione che ha portato all’abbattimento dell’aereo. Il rapporto tedesco cita il decollo di due Me 323 carichi di veicoli militari la sera del 30 settembre di quell’anno dall’aeroporto di Bastia. Dopo pochi minuti, a circa 12 miglia nautiche dalla costa dell’isola francese, i due “Gigant” sono stati presi di mira da velivoli alleati che hanno concentrato il loro fuoco particolarmente su uno dei due Me 323, quello abbattuto, mentre l’altro è riuscito piuttosto malconcio a rientrare alla base di partenza.

 

 

Dotato di sei motori radiali, di un’apertura alare di 55 metri e di una lunghezza di quasi 29 metri, il Gigant Me 323 aveva un’autonomia operativa di circa 1300 km ed era in grado di trasportare fino a 120 uomini o un carico equivalente fra cui veicoli pesanti fino a 12 tonnellate. La velocità massima raggiungibile dall’aereo era di 250 km/h. Era armato con 7 mitragliatrici MG da 13 mm e due cannoncini antiaerei. Guido Gay ingegnere laureato al Politecnico di Milano nel 1964, di origine piemontese, nazionalità italiana e svizzera, è particolarmente noto come “inventore” ideatore progettista e costruttore in svariati campi della tecnica. Appassionato velista e marinaio, nei primi anni ’70 ha iniziato a studiare veicoli sottomarini teleguidati inserendosi nella storia come pioniere di questa tecnica. 

 

 

AGI – È stato ritrovato alla Stazione di Milano Edoardo Galli, il 16enne lombardo scomparso il 21 marzo: lo ha reso noto la Polizia di Stato. Questa mattina, alle 7.45, Edoardo Galli, il giovane che compirà 17 anni il 29 aprile è stato riconosciuto da una coppia di viaggiatori mentre faceva il biglietto per tornare a casa a Colico, in provincia di Lecco.

 

La coppia ha immediatamente avvisato personale dipendente di Fs Security che, a sua volta, ha richiesto l’intervento della Polizia Ferroviaria. 

 

In buone condizioni di salute

Edoardo è stato avvistato vicino alle macchinette al piano dei binari, prima degli ingressi con i tornelli. Gli agenti della Polfer hanno avvicinato il ragazzo che ha esibito un documento e ha confermato la sua identità. Il sedicenne. Da quanto è stato riferito, è in buone condizioni di salute.

 

La scomparsa

Il giovane, che ha il doppio passaporto italiano e russo come la mamma, Natalia, si era allontanato il 21 marzo: uscito di casa, non era andato al liceo a Morbegno, in provincia di Sondrio, dove frequenta il terzo anno, ma aveva fatto preso un treno per Milano e da lì si erano perse le sue tracce. Un’immagine di quel giorno nella Stazione centrale di Milano lo ritraeva con uno zaino e un sacco a pelo. Il papà Alessandro e la mamma Natalia avevano lanciato anche in tv appelli al figlio perché desse sue notizie.