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AGI – Sono stati tutti assolti, perché il fatto non costituisce reato, i 26 pastori sardi finiti a processo per una manifestazione di protesta per il basso prezzo del latte tenutasi l’8 febbraio 2019 sulla strada statale 131 Dcn, all’altezza di Siniscola (Nuoro). Sono state così accolte le richieste degli avvocati della difesa Marcella Cabras, Giulia e Francesco Lai, Adriano Sollai, Margherita Baragliu, Rinaldo Lai, Mario Silvestro Pittalis e Antonello Cao. Nel dispositivo della sentenza la giudice del tribunale di Nuoro, Claudia Falchi Delitala, evidenzia come a bloccare la strada furono i pastori con la loro presenza e non i bidoni del latte, che i manifestanti portarono con sé per poi sversarli sulla carreggiata esponendo uno striscione con la scritta ‘Lat 60 cent. Vergogna!’. Secondo la giudice, i fusti furono “semplicemente mostrati come effige delle rivendicazioni” e non erano idonei per peso e per dimensioni a bloccare i veicoli.

Non solo: la manifestazione, fra le tante che nel febbraio 2019, durante la campagna per le elezioni regionali, contraddistinsero la cosiddetta ‘guerra del latte’ in Sardegna, aveva interessato “solo un ridotto tratto di strada” e “per un arco temporale contenuto (non superiore a un’ora)”. Peraltro, il traffico aveva continuato a fluire sulla strada parallela dov’era stato deviato. “La circolazione”, conclude la giudice, “mai bloccata del tutto, fu solo ostacolata”. Inoltre, gli imputati erano perlopiù incensurati “o al massimo interessati da qualche remoto e non grave precedente di natura eterogenea rispetto al reato contestato”.

Altro elemento rilevato nel dispositivo della sentenza: era “notorio che la larga maggioranza dell’opinione pubblica (sarda e non solo) solidarizzasse coi pastori condividendone le rivendicazioni poiché il dramma dell’oggettiva anti-economicità dei prezzi di vendita del latte aveva messo in ginocchio un settore nevralgico dell’economia dell’isola, esponendo al rischio improvviso di povertà una moltitudine di famiglie. Le ragioni degli allevatori erano state, peraltro, sostenute sia dai politici di vari schieramenti sia dalle istituzioni locali e nazionali, tanto che i sindaci spesso si unirono ai cortei e ai ministri della Repubblica manifestarono esplicitamente il loro appoggio alle manifestazioni mediante dichiarazioni pubbliche. Tali incoraggiamenti provenienti dalle autorità avrebbero potuto agevolmente determinare in soggetti (eventualmente non particolarmente istruiti e comunque non esperti di diritto) la convinzione che la manifestazione, al di la’ del mancato rispetto di qualche formalismo burocratico, fosse sostanzialmente giusta o quantomeno non penalmente rilevante”.

“In questo processo si sono confermate le conclusioni che il Collegio del tribunale di Nuoro aveva già espresso”, commenta l’avvocata del collegio della difesa, Giulia Lai. “Quelle manifestazioni non sono state un reato (il fatto non è previsto dalla legge come reato) ricalcando peraltro le conclusioni di questo difensore sul ruolo che ebbero i politici dell’epoca, compreso il ministro Salvini, nel determinare le persone a continuare le manifestazioni proprio perché rivendicavano il giusto prezzo del proprio lavoro.

Stesso ministro che ha reintrodotto il reato di blocco stradale qualche mese prima dei fatti. Le denunce comunque arrivarono e finalmente possiamo dire di aver avuto ragione nel sostenere in ogni processo che quelle manifestazioni erano giuste e non da criminalizzare. Oggi molti colleghi dall’Italia mi chiamano perché queste sentenze stanno facendo giurisprudenza, ma soprattutto io ritengo la storia della giustizia sarda”. Gli atti saranno trasmessi al prefetto di Nuoro per gli eventuali provvedimenti amministrativi di competenza.

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AGI – I carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Lecce con i finanzieri della Tenenza di Porto Cesareo hanno arrestato tre persone con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’attività di indagine è stata coordinata dalla locale Procura della Repubblica, su disposizione del G.I.P. del Tribunale di Lecce. I manette sono finiti tre imprenditori titolari di aziende agricole, edilizie ristorative. L’inchiesta, avviata nei primi mesi del 2023, ha portato all’acquisizione, anche attraverso l’esecuzione di perquisizioni e l’analisi dei flussi finanziari e bancari, di elementi da cui il risultato che gli imprenditori a partire dal 2020, hanno favorito l’immigrazione clandestina per la permanenza nel territorio dello Stato di oltre 900 extracomunitari, eludendo le disposizioni normative imposte dal “Decreto Flussi”, attraverso la falsificazione di atti e documenti attestanti assunzioni fittizie.

 

Secondo le indagini i tre hanno chiesto somme pari a 1.500 euro ogni volta, per ogni pratica utile al rilascio del permesso di soggiorno. Ottenuta la somma, procedevano all’inoltro al Ministero dell’Interno del modello informatico attestante la presunta assunzione degli stranieri. Gli indagati hanno quindi ottenuto introiti per oltre un milione e trecentomila euro. Uno di loro inoltre, ha percepito indebitamente reddito di cittadinanza per circa 20.000 euro.