Browsing: Salute e Benessere

AGI – In Italia il 57% delle persone sono complessivamente felici e speranzose, ma nel contempo si dicono molto preoccupate e stanche. Stato di buona salute e relazioni personali soddisfacenti sono i principali motivi di felicità, mentre a generare insoddisfazione è soprattutto la situazione economica nazionale. Lo rivela un’indagine Ipsos del team Public Affairs, condotta in occasione della Giornata internazionale della felicità 2024, istituita dall’Onu 12 anni fa.

 

Il World Happiness Report 2024, uscito proprio per questa occasione, assegna all’Italia il 41mo posto nella classifica globale della felicità, molto dietro rispetto a diversi suoi vicini europei. Più di metà degli intervistati ha valutato il proprio livello di felicità come almeno sufficiente mentre il 16% si considera gravemente infelice. L’autentica felicità è piuttosto in basso nella classifica, provata da solo il 4% delle persone.

 

A livello generazionale, sono più felici i giovani della GenZ, che si dichiarano più determinati e spensierati della media degli italiani, e i Boomers, mediamente più speranzosi. Sono invece decisamente meno felici gli appartenenti alla Generazione X e soprattutto i Millennials: rabbia e apatia caratterizzano i primi, stanchezza, frustrazione e malinconia i secondi.

Per gli italiani la salute è al primo posto e cattive condizioni psico-fisiche vengono considerate dal 65% come la principale minaccia alla felicità, decisamente più di una situazione di povertà economica. Nelle aspirazioni degli italiani la triade fondamentale per la felicità è costituita da una buona salute (indicata dal 44%), stare bene con la propria famiglia (38%) e non avere preoccupazioni economiche (35%). Una sfera relazionale soddisfacente è molto importante per contribuire alla felicità degli italiani – ovvero i rapporti con amici, parenti e persone che vivono nell’entourage, tra cui i colleghi – e su questo fronte, oltre due terzi degli intervistati si è dichiarato soddisfatto. Prendono in considerazione anche la qualità del tempo libero (62%) e la sfera sentimentale (60%).

 

Per quanto riguarda, invece, la situazione economica i valori di soddisfazione diminuiscono: 54% sono soddisfatti per le condizioni economiche della propria famiglia, il 48% per la situazione nella propria città o regione e soltanto il 28% per la situazione economica nazionale.

Una moderata serenità, quindi, che pero’ non si distribuisce omogeneamente nella società. La preoccupazione è l’emozione principalmente provata, seguita da stanchezza e speranza. Gli uomini italiani sono mediamente più felici, in particolare più speranzosi, ottimisti e sereni, mentre le donne tendono ad essere più preoccupate, stanche e confuse.

AGI – Una tragedia misconosciuta che ha segnato l’andamento della Seconda Guerra Mondiale. Uno dei primi grandi enigmi irrisolti della storia del nostro Paese. Il giornalista e scrittore Marco Liguori ha tolto con un libro inchiesta la polvere del tempo dal mistero che da otto decenni circonda la sorte di una grande nave mercantile utilizzata della Regia Marina per i rifornimenti in Africa, esplosa all’improvviso nel Porto di Napoli nel marzo 1943. ‘Caterina Costa, la nave dei misteri’ (De Ferrari Editore) è la ricostruzione di una strage rimasta senza colpevoli di cui l’AGI ha parlato con il suo autore.
 

Sintetizziamo la vicenda su cui è incentrato il suo libro, tra l’altro vincitore del Premio Acqui Edito e Inedito per la sezione Saggio Storico.
Scafo in acciaio, 135,50 metri di lunghezza, 8.060 tonnellate di stazza lorda, il mercantile Caterina Costa fu requisito dalla Regia Marina pochi mesi dopo il suo varo e destinato a fare la spola tra Napoli e Biserta per rifornire le truppe dell’Asse. Alle 14.15 di domenica 28 marzo 1943, mentre era all’attracco nel Porto di Napoli, un’improvvisa fiammata si levò dalla stiva di poppa n. 6, dove erano stati alloggiati i carburanti separandoli dalle munizioni stipate a prua solo con il cosiddetto carico inerte delle vettovaglie. Le successive tre ore segnarono il destino dell’imbarcazione e di tanti innocenti: i pompieri giunsero sul posto, ma non ricevendo l’ordine di salire a bordo dalla Capitaneria si limitarono a bagnare lo scafo da alcune motobarche senza poter davvero aiutare a fermare l’incendio i marinai, finché alle 17.30, dopo essere passato da un barile di carburante all’altro, il fuoco raggiunse le munizioni facendo esplodere la Caterina Costa.

Sotto un enorme fungo nero, una pioggia di metallo figlia della disgregazione della nave e del suo carico ricadde sulla città fino alla collina dei Camaldoli, a chilometri di distanza, provocando almeno 600 vittime e migliaia di feriti. Le censura di guerra impedì che l’episodio arrivasse sui giornali fino al 1° aprile, ma si trattò di una strage dovuta a una catena di errori e negligenze. E ad atti di eroismo – come quello dell’Ammiraglio Lorenzo Gasparri, che pur non avendo responsabilità nella gestione del porto corse al molo cercando di coordinare i soccorsi, restò ucciso dall’esplosione e in seguito ebbe la medaglia d’oro al valor militare alla memoria – corrisposero pesanti responsabilità. La Caterina Costa era stata ormeggiata nella darsena del Porto di Napoli, dall’imbocco notoriamente molto stretto, con la prua rivolta verso terra; cosa che rendeva impossibile una sua veloce uscita in mare in caso di emergenze. In più, come ho evinto da documenti rintracciati all’Ufficio Storico della Marina Militare, aveva già subito un principio di incendio alla stiva 6 nell’ultima missione bellica, probabilmente a causa di un tubolare di vapore difettoso.

 

Davanti alla Commissione della Regia Marina qualcuno parlò di attentato ed altri di imprudenze, mentre gli alleati tedeschi liquidarono il caso sostenendo che “gli italiani si erano fumati una sigaretta”. Di certo, si trattò di un evento di eccezionale gravità per Napoli
e tutto il Paese, perché tra le vittime furono rinvenuti cittadini italiani provenienti da altre regioni che il destino aveva condotto quel giorno nel capoluogo campano.
 

Perché dedicare un libro inchiesta a un episodio avvenuto otto decenni fa
Innanzi tutto per fare chiarezza su una vicenda dimenticata, ma fondamentale nell’andamento del conflitto avendo danneggiato il principale porto di rifornimento per il Nord Africa dell’Asse. Poi per fare giustizia, dato che complice il caos del momento storico al tempo non fu istituito alcun processo da parte della Procura Militare e gli unici provvedimenti presi furono l’allontanamento dell’Alto Commissario del Porto di Napoli Mario Falangola – che trovandosi quel giorno per servizio a Roma non aveva nominato un vice a Napoli – e del Comandante del Compartimento del Basso Tirreno Ammiraglio Pini. E infine perché l’esplosione della Caterina Costa ha rischiato di far sì che io stesso non venissi al mondo. I miei nonni e mia madre, allora bambina, abitavano infatti ad appena un chilometro e mezzo dal punto di attracco della nave e l’onda d’urto travolse la loro abitazione costringendoli a lasciarla per mesi. Furono il caso e la prudenza di mio nonno, che vedendo il fumo dell’incendio mise tutti al riparo, a salvare la vita di chi anni dopo mi avrebbe generato.
 

L’episodio della Caterina Costa è da inserire nel novero dei grandi misteri italiani?
Sicuramente va considerato tra i principali e più tragici del secondo conflitto mondiale. L’altissimo numero di vittime innocenti, uccise, potrebbe dirsi, da fuoco amico, lo ammanta di un’aura di profonda ingiustizia. Per questo nel mio libro ho cercato di fornire un elenco di nominativi di chi scomparve quel giorno il quanto più possibile completo, cercando riscontri negli archivi dell’epoca.
 

Può dirsi che quella strage senza colpevoli sia annoverabile tra le motivazioni delle Quattro Giornate di Napoli, che ebbero luogo dopo solo qualche mese?
Senz’altro; il dramma della Caterina Costa ha segnato la definitiva rottura del rapporto tra il governo fascista e la cittadinanza di Napoli. Si è intimamente detto basta una volta per tutte ad una guerra che i napoletani non avevano mai sentita propria e li aveva costretti a considerare nemici popoli con cui erano sempre andati d’accordo. I bombardamenti e l’arrivo dei tedeschi hanno di lì a pochi mesi condotto al culmine questo sentimento, facendo sì che con le Quattro Giornate la popolazione napoletana sia stata la prima in Europa a liberarsi dai nazisti.

 

“Scopri come la cabina di regia per il potenziamento della Rete Centri Pancreas Unit sta rivoluzionando la medicina pancreatico-epatica. Esplora le nuove strategie e approcci che stanno migliorando la diagnosi, il trattamento e la cura di queste patologie. Leggi l’articolo per rimanere aggiornato sulle ultime novità nel campo della salute del pancreas e del fegato.”

AGI – È di cinque arresti il bilancio dell’invasione di campo da parte di alcuni sostenitori catanesi avvenuta durante l’intervallo della finale di andata della Coppa Italia di Lega Pro tra il Calcio Padova e il Catania. In particolare la polizia, dopo aver evitato il contatto tra le due tifoserie, hanno arrestato 3 tifosi catanesi che venivano bloccati per resistenza aggravata(due 40enni ed un 41enne gravati a vario titolo da associazione mafiosa, rapina, stupefacenti, reati da stadio, reati contro la persona).

 

Tra questi e’ stato individuato colui il quale ha consentito l’invasione di campo in quanto, dopo aver scavalcato il cancello della Curva Nord prossimo al Settore della Tribuna Est, incurante della presenza degli Steward, ha sollevato il maniglione, aprendo il cancello e favorendo l’ingresso di una sessantina di sostenitori etnei. Un quarto tifoso catanese è stato arrestato grazie all’attività in corso da parte delle Digos delle Questure di Padova e Catania mentre, questa mattina, si stava imbarcando su un volo per Edimburgo in partenza dall’Aeroporto di Milano Linate.

 

 

Alla Stazione ferroviaria di Padova, in occasione della partenza degli Ultras catanesi, sono stati effettuati accurati controlli che hanno permesso alla polizia di sequestrare aste non regolamentari e numerosi fumogeni e petardi. Un quinto tifoso catanese, coinvolto nei fatti di ieri, è stato da poco arrestato a Catania. Proseguono gli approfondimenti e gli accertamenti da parte delle Digos di Padova e Catania per la contestualizzazione delle singole condotte ai fini di eventuali Daspo. Risultano contusi 4 agenti della Digos di Padova, oltre a 4 agenti del II Reparto Mobile.

 

Sindaco di Padova: “Scene inaccettabili”

“Le scene di ieri allo Stadio Euganeo sono inaccettabili, la violenza va sempre condannata con massima severità e per nulla si addice a momenti di sport che devono portare con se’ valori di condivisione e amicizia”. L’ha detto il sindaco di Padova Sergio Giordani commentando l’invasione di campo avvenuta ieri durante l’intervallo della finale di andata della Coppa Italia di Lega Pro tra il Calcio Padova e il Catania. “Massima solidarietà agli agenti delle Forze dell’Ordine rimasti feriti e un ringraziamento per il lavoro egregio svolto che ha evitato conseguenze peggiori. Ora sotto la regia del Questore, tutti ci impegneremo per evitare in futuro simili situazioni” ha poi aggiunto.

 

AGI – “Io ieri ho ricevuto una telefonata dal ministro Piantedosi mentre ero in macchina con la scorta. Sono sotto scorta da nove anni, se c’e’ solo l’anticamera di un sospetto sull’amministrazione comunale di Bari, sul consiglio comunale di Bari e sul sottoscritto, allora io rinuncio alla scorta. Io non posso stare sotto scorta. Non posso essere considerato nello stesso tempo un sindaco antimafia e contemporaneamente il Ministero dell’Interno che manda l’accesso al Comune per verificare se ci sono le condizioni per lo scioglimento. Toglietemi la scorta, torno a vivere. Forse avro’ qualche problema ma non fa niente”. Lo ha detto il sindaco Antonio Decaro nel corso di una conferenza stampa a Palazzo di Città, all’indomani al provvedimento di accesso ispettivo disposto dal Ministro dell’Interno al Comune di Bari. 

Decaro, atto di legittima difesa della città

“Oggi per me questo è un atto di legittima difesa non del sindaco, non del consiglio comunale, un atto di legittima difesa della nostra città. Io sono è stato corretto da quando sono diventato sindaco di questa città. Ho indossato la fascia, ho messo la tessera del mio partito nel cassetto e sono stato il sindaco di tutti. Soprattutto di chi non mi aveva votato e la stessa cosa ho fatto da rappresentante dell’Associazione Nazionale dei Comuni. Sono stato il presidente di tutti. Soprattutto di chi non aveva la mia provenienza politica. E l’ho fatto con onore, con disciplina, il sindaco e il presidente dell’ANCI, ho sempre garantito rispetto istituzionale ai governi che si sono succeduti in questi anni e ne ho visti passare tanti in dieci anni. E credo che me lo possano riconoscere tutti”. Lo ha detto il sindaco di Bari, Antonio Decaro, nel corso di una lunga conferenza stampa convocata nell’aula consiliare di Palazzo di Città all’indomani al provvedimento di accesso ispettivo disposto dal Ministro dell’Interno al Comune di Bari.

“Io sono andato al Ministro dell’Interno – ha raccontato -. E gli ho detto ‘Ministro io rappresento le istituzioni. Sono sindaco. Rappresento anche gli altri sindaci’. E inquieta vedere che c’è un gruppo di parlamentari del centrodestra della mia Regione che sono andati nella sua stanza, hanno fatto una fotografia, sono usciti, hanno fatto una conferenza stampa dicendo che hanno chiesto al ministro, a seguito degli arresti che c’erano stati nella città di Bari, un’ispezione del comune perché con quell’ispezione dovevano sciogliere il comune di Bari per mafia. Non ho reagito perché io rappresento le istituzioni. Tra quei parlamentari ci sono D’Attis (Mauro D’Attis, commissario regionale di Forza Italia, ndr), che oggi è vicepresidente della commissione antimafia, e l’altro invece è il viceministro della giustizia Sisto (Francesco Paolo Sisto, ndr), che insieme a un altro viceministro alla salute (Marcello Gemmato, ndr) sono andati dai membri del governo all’Interno, a chiedere di provare a sciogliere per mafia il consiglio comunale di Bari”.

Decaro, persone arrestate erano dall’altra parte politica

Tra le persone arrestate nel corso dell’operazione “Codice Interno”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, che ha portato all’esecuzione di 137 custodie cautelari, c’erano l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri e sua moglie Maria Carmen Lorusso (ai domiciliari), eletta consigliera comunale a Bari con la lista “Di Rella Sindaco”, poi passata in maggioranza con “Sud al Centro”. “Quelle persone non erano candidate con la mia parte politica, ma dall’altra parte”, ha detto il sindaco Antonio Decaro nel corso di una conferenza stampa a Palazzo di Citta’, all’indomani al provvedimento di accesso ispettivo disposto dal Ministro dell’Interno al Comune di Bari. Il primo cittadino ha mostrato degli articoli di giornale, delle foto, con cui era tappezzata l’intera aula: “il flirt di Forza Italia con Olivieri e Canonico, sono stati Mauro D’Attis e Francesco Paolo Sisto, poi attaccati in maniera pesantissima dal loro partito, a fare un accordo elettorale. Hanno fatto due liste civiche: in una – quella di Canonico – c’era Francesca Ferri (arrestata nel 2022, ndr) per voto di scambio mafioso nel comune di Valenzano e qualche giorno fa e’ stata arrestata Lorusso, moglie di Olivieri. Quindi io ho pensato che quella fotografia (dei parlamentari pugliesi dal Ministro Piantedosi, ndr) servisse per dire ‘anticipiamo noi, attacchiamo noi il sindaco, cosi’ mettiamo le mani avanti per non cadere si dice a Bari’. Invece no, probabilmente c’era un disegno”.

 

AGI – La giustizia arriva lentamente. A distanza di quindici anni dal furto nel supermercato, i Ris di Parma hanno spedito nei giorni scorsi gli esiti dell’analisi del frammento di vetro con le tracce di sangue di uno dei presunti autori, un 52enne che è stato denunciato dai carabinieri di Mariano Comense in stato di libertà. Le eventuali esigenze cautelari erano venute certamente meno, qualora ci fossero state, visto l’abisso temporale tra il fatto e la scoperta del responsabile.

Riferisce l’Arma che “la mattina seguente al furto, avvenuto il 2 maggio 2009, iniziava l’attività investigativa dei carabinieri con il sopralluogo da parte del personale specializzato nei rilievi, tra i quali alcuni frammenti di vetro con tracce ematiche”. I frammenti erano quelli del vetro della porta di sicurezza del super di Carugo, in Brianza, rotto a sassate dai ladri che si intrufolavano tra gli scaffali portando via cibo e alcolici per 1500 euro. I reperti col sangue dell’uomo che si era tagliato nel blitz sono stati mandati subito ai Ris per comparare i profili genetici con quelli presenti nella banca dati. Da allora è cominciata la lunghissima attesa fino all’identificazione dell’uomo accusato di furto “in concorso con altri non identificati”. Il ritardo, viene spiegato, dipende dal fatto che all’epoca la Banca Dati Nazionale del dna, l’archivio elettronico dei profili genetici ignoti e noti, era ancora in fase di rodaggio e va tenuto conto che, a differenza di adesso, non era previsto il prelievo del dna per chi finisce in carcere.